lunedì 26 luglio 2010
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Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, pur avendo a che fare con una «immagine negativa che gravava» sul loro conto prima che venissero raggiunti da un provvedimento restrittivo, avevano messo in piedi «una metodica attività di interferenza svolta presso organi costituzionali e amministrazioni pubbliche, come la Consulta, il Csm, la Regione Sardegna, la Cassazione, la Corte d'appello di Milano e l'ispettorato del ministero della Giustizia». È quanto scrive il tribunale del riesame di Roma che nei giorni scorsi aveva confermato la misura del carcere per i tre soggetti, finiti in manette con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi sulle società segrete. «Si tratta di soggetti - chiarisce il tribunale - che in nessun modo potevano essere considerati come interlocutori affidabili per la notorietà delle vicende criminali in cui è stato da decenni coinvolto Carboni, il quale ha anche riportato arresti e condanne per nove anni di reclusione, per il precedente penale per concussione di Martino, per il modestissimo livello culturale, quasi folcloristico nel caso di Lombardi, e per la mai nascosta immoralità e illiceità degli intenti».E «tale pessima immagine - si legge ancora nell'ordinanza - non ha in alcun modo ostacolato l'azione degli indagati che, pur in assenza di una qualunque competenza o incarico che minimamente la giustificasse, hanno portato avanti la loro metodica azione di interferenza sull'esercizio delle funzioni degli organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche, venendo incredibilmente accettati come interlocutori accreditati da soggetti che ricoprivano cariche istituzionali di massimo rilievo i quali non si sono limitati ad ascoltare le richieste degli indagati ma, in molte occasioni, memori dei favori ricevuti o promessi, spesso si sono attivati per soddisfare le richieste ovvero per decidere insieme ad essi i provvedimenti da assumere nelle rispettive alte funzioni pubbliche».
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