giovedì 10 aprile 2014
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«Aquesto punto la legge 40 è svuotata, quindi è necessario un intervento par­lamentare e una riflessione profon­da ». È questo il commento, che sposa l’idea del vuoto normativo, del ministro della Salute  Beatri­ce Lorenzin alla sentenza della Consulta di ieri. La pronuncia dei magistrati della Corte Costituzio­nale, dunque, per la titolare del ministero più di­rettamente coinvolto, non consegna un dispositi­vo in grado di agire da subito. La situazione che o­ra si è creata, prosegue, è un «evento complesso» che «difficilmente potrà essere attuato solo me­diante decreti». Si attendono le motivazioni della sentenza. Intanto aggiunge la sua voce a favore dell’intervento parlamentare il collega di governo Maurizio Lupi . Una posizione che trova consensi soprattutto nel­l’area Ncd -Udc- Pi. Ma anche tra esponenti di Fi e del Pd. Eugenia Roccella  (Ncd) annuncia nei prossimi giorni una proposta di legge per spronare la Ca­mera a «trovare una sintesi sui tanti nuovi quesiti che ora si sono aperti». Sono di fatto «gravi problemi» che la legge 40 aveva evitato. Come il ri­schio di un mercato per ovociti e maternità surrogata. La de­cisione di ieri «e quelle con le quali sono state assolte le coppie che all’estero a­vevano fatto ricorso all’utero in affitto hanno a­perto un grave vuoto normativo», incalza Gian Luigi Gigli (Pi). Per il arlamentare-medico la Con­sulta è entrata «a gamba tesa» e ora vanno nor­mati aspetti come la garanzia dell’anonimato dei donatori, il diritto del bambino a conoscere i ge­nitori biologici e i doveri di questi verso di lui. Con­corda il collega di partito Lucio Romano.  Per il me­dico, già presidente di Scienza & Vita, si aprono «scenari incerti». Il pronunciamento, infatti, sot­tomette «in maniera assoluta» la riproduzione al­la «tecnoscienza». Parla di «scenari inquie­tanti » la senatrice di Ncd, Laura Bianconi. E per il suo capogruppo, Maurizio Sacconi, la Corte «concor­re alla decadenza di quei principi naturali e dell’u­manesimo » alla base della Carta. È la «prova provata» della sua «perdita di credibilità e autorevolezza». Carlo Giovanardi  si domanda «cosa ci stiano a fa­re Camera e Senato...». Parla di «grave attacco alla famiglia» Paola Binetti  (Udc), anche lei presiden­te di Scienza & Vita al tempo dei referendum. «A distanza di 10 anni sorprende tanta acrimonia ver­so un provvedimento che ha comunque reso pos­sibile la nascita di moltissimi bambini, garanten­do loro una famiglia», afferma. Per il ritorno alle aule si pronunciano, però, anche alcune esponenti del Pd che non hanno mai fatto mistero della loro contrarietà alla legge 40, ribadi­ta in quest’occasione, come Barbara Pollastrini e Anna Finocchiaro. L’ex ministro, tra i promotori del referendum del 2005, e l’ex capogruppo al Se­nato concordano: ora tocca al Parlamento legife­rare. La pensano così anche le senatrici Emma Fat­torini e Rosa Maria Di Giorgi . Fa un passo in più il collega di partito Edoardo Patriarca  che de­nuncia il rischio di un «far west, un vuoto norma­tivo, che non fa bene né a chi vuole avere un figlio, né a chi si occupa di fecondazione assistita». Le sentenze della Consulta sono «sempre più in­comprensibili e ideologiche», insorge Giorgia Me­loni (Fdi). Da Forza Italia si fanno sentire il capo­gruppo in Commissione Sanità del Senato, Luigi D’Ambrosio Lettieri  e il vicepresidente di Palazzo Madama Maurizio Gasparri. Il primo sottolinea i rischi per la salute femminile e quello di «inquie­tanti compravendite». Scenari «confusi» da «ri­portare su una strada equilibrata» alle Camere. Ga­sparri è netto: «Non si può decidere sul piano am­ministrativo, con delle circolari».
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