venerdì 21 ottobre 2022
Oggi la leader in pectore attesa da Mattarella, entro domani potrebbe ricevere l’incarico per formare un governo e giurare
Oggi potrebbe ricevere dal capo dello Stato l’incarico di formare il nuovo governo

Oggi potrebbe ricevere dal capo dello Stato l’incarico di formare il nuovo governo - Ansa

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Il lavoro lontano dalle telecamere a Montecitorio, senza contatti diretti con gli altri leader del centrodestra ma solo mediati da sherpa sfibrati sì dalle polemiche, tuttavia fiduciosi sull’esito finale. Giorgia Meloni si prepara al «grande giorno» in cui riceverà l’incarico da premier incastrando gli ultimi tasselli della squadra dei ministri, sostanzialmente completa salvo un nodo, bello grosso: la Giustizia. Già, perché il “messaggio della buona notte” che gli ha fatto pervenire Silvio Berlusconi non è rassicurante: per lui la Guardasigilli può essere solo e ancora Maria Elisabetta Alberti Casellati, non Carlo Nordio.

E a seconda della scelta che la leader Fdi farà sulla casella diventata pomo della discordia, fa sapere lo stato maggiore di Forza Italia, cambierà anche l’atteggiamento del partito verso il nascituro esecutivo. Avvisi cui però Fdi, nei giorni scorsi, ha risposto facendo spallucce, lasciando intendere all’alleato che ogni mossa sbagliata in aula si ripercuoterebbe proprio sugli azzurri, più divisi che mai. Non sulla premier che, a quanto pare, avrebbe un piano B per incassare i numeri in Parlamento. «Siamo pronti a dare all’Italia un governo che affronti con consapevolezza e competenza le urgenze e le sfide del nostro tempo», scrive in serata sui social la premier in pectore. È la conferma, scontata, che il centrodestra salirà unito al Colle. E che molto probabilmente sarà solo lei a parlare a nome di tutti, come anticipato e auspicato dal leader dei Moderati Maurizio Lupi.

Una vera e propria “tecnica di contenimento” per evitare che Berlusconi accenda un altro fuoco davanti alla stampa. Il Cav. ci sarà, con il numero due Tajani che resta in pole per gli Esteri e con i due capigruppo Ronzulli e Cattaneo. Nessuno potrà evitare che come nel 2018 accompagni con gesti e versi il discorso post-consultazioni del leader della coalizione (all’inizio della scorsa legislatura fu Matteo Salvini a fare i conti con lo show dell’ex premier) ma almeno l’unità formale sarà salvaguardata. Specie sulla politica estera. E tanto basta per non frenare nemmeno di un’ora il cammino verso il nuovo governo. Si ipotizza anche che oggi pomeriggio, quando sarà chiamata da Mattarella per ricevere l’incarico, Meloni si presenti già pronta per discutere la lista dei ministri, annunciando la squadra in serata e giurando già domani. Forse è un’esagerazione, forse no. Ma restituisce la voglia di chiudere questa fase e aprirne un’altra. E restituisce anche la ferma intenzione di non trattare oltre né con la Lega di Salvini né con Berlusconi sulle posizioni da assegnare.

D’altra parte, è il ragionamento in zona Fdi, prendersi 24 ore prima di sciogliere la riserva potrebbe voler dire esporsi a nuovo fuoco amico. In ogni caso, se non si chiude oggi si arriverà a dama domani, con giuramento domenica. Il fatto che ieri sera l’entourage di Berlusconi esprimesse fermezza su Casellati alla Giustizia in ogni caso porterà Meloni, tra oggi e domani, a fare una valutazione politica cruciale e ormai inderogabile: accontentare su questo punto l’alleato irascibile oppure tirare dritto su Nordio e continuare a imporre la linea, a qualsiasi costo. Oppure sacrificare in extremis una casella pesante riservata ai tecnici per far digerire a Forza Italia il boccone amaro del Guardasigilli.

La Giustizia è davvero l’ultimo nodo pesante non sciolto. Per il resto, le tessere principali del puzzle sembrano essersi incastrate: il prefetto gradito alla Lega, Piantedosi, all’Interno, Tajani agli Esteri, Giorgetti al Mef, Salvini alle Infrastrutture, Urso o Cirielli alla Difesa, Lollobrigida all’Agricoltura, Abodi allo Sport, forse Crosetto allo Sviluppo economico, Calderone al Lavoro, Pichetto alla Transizione ecologica, Fitto agli Affari europei. Regista dietro le quinte, come sottosegretario a Palazzo Chigi, il fidatissimo Fazzolari. Plausibile, ma ancora non sicura, la scelta di affiancarsi Tajani e Salvini come vicepremier.

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