martedì 12 dicembre 2017
Il capo della Vigilanza Barbagallo difende l'operato di Via Nazionale: l'azione di controllo è stata incalzante, condotte 18 ispezioni sulle 4 banche
«Nessuna pressione da Bankitalia per fusione tra Vicenza e Etruria»
COMMENTA E CONDIVIDI

"La Banca d'Italia non ha chiesto né incoraggiato nè tanto meno favorito la Popolare di Vicenza ad acquisire Banca Etruria; per altro in quel momento la Vigilanza non disponeva di elementi per contrastare a priori tale iniziativa che, se si fosse tramutata in istanza formale, sarebbe stata approfondita". Il capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, in audizione alla Commissione Banche difende l’operato di Via Nazionale e smentisce nella sostanza quanto affermato nelle scorso settimane dal procuratore di Arezzo Roberto Rossi. Il magistrato aveva definito "singolare" che l’istituto centrale avesse ritenuto Banca Popolare di Vicenza un partner "di elevato standing" per una possibile fusione.

Riferendosi più in generale alla crisi delle quattro banche finite in risoluzione, Barbagallo ha affermato che “l’azione della Vigilanza è stata incalzante. Dal 2008 fino al commissariamento sono state condotte 18 ispezioni, equamente distribuite tra le quattro banche. È grazie ad esse che sono emersi i problemi sopra descritti. E ai primi esiti negativi di tali accertamenti la Vigilanza ha rafforzato i controlli". I provvedimenti assunti, ha proseguito il dirigente di Bankitalia, “sono stati di intensità crescente, in linea con la gravità dei problemi riscontrati. Sono stati utilizzati tutti gli strumenti a disposizione richiedendo piani di rafforzamento patrimoniale, il ricambio degli organi amministrativi e di controllo, l'aggregazione con altre banche. Le irregolarità
sono state portate tempestivamente a conoscenza dell'Autorità Giudiziaria".

Ripercorrendo le fasi della crisi Barbagallo ha affermato che "il rapido e drammatico deteriorarsi della situazione patrimoniale e della liquidità delle quattro banche ha imposto di procedere senza indugio alla loro risoluzione, applicando con apposito decreto gli istituti previsti dalla Direttiva europea sulla risoluzione delle crisi, recepita nel nostro ordinamento a metà novembre 2015. Si è trattato di un provvedimento gravoso per gli azionisti, per i sottoscrittori di obbligazioni subordinate (in parte successivamente ristorati), per il sistema bancario. Si è dovuto procedere al burden sharing”, ma “sono state evitate due soluzioni alternative ben più distruttive, il bail-in o la liquidazione coatta”, che avrebbero comportato “conseguenze sistemiche ben più gravi”.

.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: