La Rianimazione dell'Ospedale Manzoni di Lecco - Ansa
C’è una considerazione che tiene banco nel revisionismo statistico sui decessi da Covid e che viene rilanciata anche da autorevoli organi di informazione. E ruota attorno a un postulato dalle conclusioni troppo frettolose. Eccolo: tra i morti per Covid, solo il 2,9% è effettivamente dovuto al Sars-CoV-2, perché solo questa percentuale di pazienti era priva di altre patologie quando è stata contagiata – a fronte del restante 97% alle prese con una o più malattie –. Insomma, se così fosse la portata della pandemia sarebbe da riconsiderare. E, in fondo, certi allarmismi sarebbero (stati) ingiustificati perché la morte è sopraggiunta, nella stragrande maggioranza dei casi, in pazienti anziani e pluripatologici.
Gli autori di questa “lettura” fanno deduzioni isolando un dato contenuto in un Report diffuso il 19 ottobre dall’Istituto superiore di sanità (Iss). Nel Report quel 2,9% effettivamente compare nella tabella 1, quella relativa alle patologie più comuni osservate nei pazienti deceduti. Ma a guardare bene il contesto redatto dall’Iss, il postulato revisionistico fatica a stare in piedi. Intanto perché il dato del 2,9% si riferisce solo ad un campione di pazienti deceduti: 7.910 sui 130.468 presi in considerazione dall’Istituto al 5 ottobre scorso. Non solo: ieri l’Iss ha precisato che «nel rapporto non è affermato che solo il 2,9% dei decessi attribuiti al Covid-19 è dovuto al virus». Ma che il 2,9% si riferisce «ai pazienti deceduti con positività per Sars-CoV-2 che non avevano altre patologie diagnosticate prima dell’infezione».
Se poi si analizzano le complicanze sorte per infezione da Sars-CoV-2, viene fuori che il 93,6% delle stesse ha una causa: l’insufficienza respiratoria acuta, di gran lunga superiore rispetto alle altre complicanze. Ovvero, il danno renale acuto (24,9%), una sovrainfezione (20,1%) e il danno miocardico acuto (10,2). Basterebbe questa classificazione – sulla quale farà luce, a partire dal 2022, l’Istat – per farci comprendere quanto abbia pesato il ruolo del virus nei decessi, anche in persone anziane e con patologie gravi. Senza considerare che, nel 2020, in Italia è stato registrato il numero più alto di morti dal Dopoguerra: 746.146, 100.526 decessi in più rispetto alla media 2015-2019.
Intendiamoci, nessuno nega le gravi e spesso concomitanti malattie presenti nei deceduti con positività al virus, l’età media dei quali è di 80 anni: ipertensione arteriosa (65,8%), diabete (29,3%), cardiopatia ischemica (28%), come anche cancro e scompenso cardiaco hanno portato tanti di loro in situazioni critiche o irreversibili. Ma, come afferma il direttore delle Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, «è proprio accettabile che un paziente obeso, che ha il diabete, o ha una fibrillazione atriale, debba morire per Covid? Il problema è che quando questi numeri vengono letti da ignoranti e speculatori si dà alla gente una informazione scorretta».