martedì 20 ottobre 2009
Il prefetto Mario Mori, ex comandante del Ros dei carabinieri, ha reso dichiarazioni spontanee davanti al Tribunale di Palermo, nel processo in cui è imputato di favoreggiamento aggravato di Cosa Nostra: «Incontrai più volte Ciancimino, ma sul papello di Riina non ci fu nessuna trattativa».
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Non ci fu nessuna trattativa tra la mafia e lo Stato. Lo ha detto il prefetto Mario Mori, ex comandante del Ros dei carabinieri, che ha reso dichiarazioni spontanee davanti al Tribunale di Palermo nel processo in cui è imputato di favoreggiamento aggravato di Cosa Nostra, assieme al colonnello Mauro Obinu, per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nel 1995. Mori ha spiegato di aver incontrato più volte l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, ma ha negato che vi sia stata una trattativa sul cosiddetto "papello", le richieste dei boss allo Stato, messe nero su bianco da Totò Riina. Mori ha chiesto di fare dichiarazioni spontanee dopo la deposizione, al dibattimento, dell'ex presidente dell'Antimafia Luciano Violante che ha ricostruito i suoi incontri con l'ufficiale dell'Arma. L'ex politico ha riferito che in quelle occasioni Mori gli fece presente l'intenzione dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino di essere ricevuto a palazzo San Macuto. "La ricostruzione di Violante - ha detto Mori - è per me di grande importanza perché prova, pur avendo molte lacune, che il mio comportamento fu trasparente". L'ex comandante del Ros, poi, oltre a ricordare tutti gli incontri con Violante che ebbero a oggetto Ciancimino, ha ricostruito puntualmente il contesto investigativo e storico precedente alle stragi: dall'omicidio Lima, all'inchiesta del Ros su mafia-appalti, mai - a dire del prefetto - sostenuta dalla procura di Palermo, ai rapporti intrattenuti con Falcone e Borsellino che, invece, erano convinti dell'importanza dell'indagine dei carabinieri sugli intrecci mafia, politica e imprenditoria". Nelle sue lunghe dichiarazioni spontanee Mori, che ha definito l'ipotesi di un dialogo tra Stato e mafia come la "resa vergognosa dello Stato a una banda di volgari assassini", ha ricordato tutti i suoi contatti con Vito Ciancimino, finalizzati a convincere l'ex sindaco a collaborare con la giustizia. Al centro dell'intervento dell'imputato anche i suoi rapporti con Borsellino e gli incontri avuti col magistrato: come quello del 25 giugno del 1992 in cui l'ufficiale e il magistrato avrebbero parlato dell'indagine su mafia e appalti su cui sia il Ros che il giudice puntavano molto. Contatti proseguiti fino all'immediatezza della strage di via D'Amelio, prova, secondo Mori, dei buoni rapporti che intercorrevano tra il reparto operativo e Borsellino.
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