venerdì 31 agosto 2012
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È sera quando - non inattesa - arriva sul Colle la solidarietà di Mario Monti. Il premier sa che in questa partita in atto - in questo scontro che il Quirinale giudica un corto circuito politico-mediatico-giudiziario - il suo ruolo non può essere disgiunto nemmeno per un istante da quello del capo dello Stato. Al Quirinale cresce la sensazione di un tentativo in atto per indebolire la credibilità di questa fase politica eccezionale, alla vigilia di passaggi cruciali che la Costituzione affida al capo dello Stato, dallo scioglimento delle Camere alla nomina del nuovo premier. Ed ecco Monti: «Si è di fronte con tutta evidenza ad uno strumentale attacco contro la Personalità che costituisce il riferimento essenziale e più autorevole per tutte le istituzioni e i cittadini», e «ci si deve opporre ad ogni tentativo di destabilizzazione del Paese», denuncia, dopo aver telefonato a Napolitano. «Il Paese saprà reagire», si dice certo.Dal Pdl sale come un coro la richiesta: ora la legge sulle intercettazioni. Un pressing su un’istituzione imparziale, come il Quirinale, che Monti aveva cercato di prevenire, venendo incontro alle pressioni del Pdl, assicurando di volersi far carico lui, stante l’empasse parlamentare, di un «freno agli abusi» sulle intercettazioni. Ma il Pdl non si fida, Silvio Berlusconi è di nuovo preoccupato dell’offensiva giudiziaria, la levata di scudi della magistratura alle parole di Monti ha creato dubbi sulla reale possibilità di intervenire. «Basta due pesi e due misure sugli attacchi della magistratura, io non sono mai stato difeso», si sfoga il Cavaliere con i suoi, pur assicurando piena solidarietà al capo dello Stato. E scatta un coro: dal capogruppo in commissione Giustizia della Camera Enrico Costa, ai capigruppo Cicchitto e Gasparri; dagli ex ministri Matteoli, Gelmini  e Bernini, a Margerita Boniver: solidarietà a Napolitano sì, ma anche a Berlusconi. Con un rilancio sul governo chiaro e tondo: ora la legge sulle intercettazioni non è più rinviabile. Mentre Alfredo Mantovano punta il dito contro le «incoerenze» della Procura di Palermo: «Perché il procuratore Messineo parla di "fughe di notizie" se il contenuto uscito delle intercettazioni è falso?», si chiede. Ma non mancano precisi distinguo, nello stesso Pdl, sull’«intangibilità» di Napolitano, da parte dei vari Bondi, Santanché o Bianconi. Espressione di un malcontento che cova sotto la cenere, nel Pdl, soprattutto sul tema giustizia.Si rischia insomma, anche dopo l’uscita di scena di Berlusconi da Palazzo Chigi, una nuova stagione di scontro politica-magistratura. Anche se magistrati tornati sulle barricate dopo i propositi annunciati da Monti, stavolta, non fanno mancare la solidarietà al Colle per l’evocato «ricatto», che Napolitano respinge sdegnato. Il Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura esprime «piena solidarietà al Presidente della Repubblica, oggetto da tempo di attacchi tanto infondati quanto strumentali», si legge in una nota firmata dal vice presidente dell’organo di autogoverno Michele Vietti. E prende posizione anche anche l’Anm. «I magistrati hanno il dovere di dissociarsi esplicitamente, quando c’è il rischio di un loro coinvolgimento strumentale - interviene il sindacato delle toghe - a tutela dell’autonomia e dell’imparzialità della funzione giudiziaria. Già da tempo l’Anm ha preso pubblicamente posizione in tal senso e oggi ribadisce la propria solidarietà al Capo dello Stato».Per l’Udc anche Pier Ferdinando Casini esprime piena «solidarietà» a Napolitano e un «apprezzamento per come ha difeso e difende quotidianamente le istituzioni repubblicane e la legalità democratica». Il leader dell’Udc bolla come «primitivo, non consono a una società liberale» l’uso delle intercettazioni «sbattute in prima pagina». Ma ad avvelenare i pozzi nei discorsi a mezza voce di molti politici - e nei dubbi anche del Quirinale - c’è anche la provenienza di quest’attacco, perché tale viene considerato sul Colle, da un giornale della famiglia Berlusconi. «Si illude chi pensa di poter intimidire» il Colle, dice il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. E avverte Antonio Di Pietro: «Giù le mani da Napolitano». Ma è il suo vice Enrico Letta, fra i più vicini al Colle, a portare alla luce quello che molti sussurrano, quando parla di « inquietante alleanza tra stampa berlusconiana e "travaglista" a intaccare la credibilità del Quirinale». Un timore che anche sul Colle serpeggia: il rischio di una saldatura fra l’ala giustizialista alla Di Pietro e il suo esatto contrario costituito dai falchi del Pdl, mai rassegnati alla perdita di Palazzo Chigi.
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