mercoledì 29 novembre 2023
Mentre dilaga la polemica sul decreto legge immigrazione, arriva la condanna per avere alloggiato quattro migranti irregolari minorenni africani nell’hotspot di Taranto, previsto per soli adulti
Un piccolo migrante sulla nave Sea Watch

Un piccolo migrante sulla nave Sea Watch - Ansa/Twitter Sea-Watch Italy

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Mentre dilaga la polemica sul decreto legge immigrazione del governo, per l’Italia arriva una condanna dalla Corte europea per i diritti umani di Strasburgo (che dipende dal Consiglio d’Europa, del tutto indipendente dall’Ue). Al centro, il fatto che quattro migranti irregolari minorenni africani siano stati alloggiati nell’hotspot di Taranto, previsto per soli adulti, in condizioni degradanti e di privazione della libertà. Un verdetto che sembra destinato a mettere in questione la volontà del governo di consentire la promiscuità con adulti di migranti minorenni con più di 16 anni.

I quattro (tre gambiani e un ghanese) avevano raggiunto la costa italiana a bordo di un’imbarcazione fatiscente il 22 maggio 2017. I ricorrenti sostengono di aver immediatamente informato le autorità italiane di essere minorenni. Ciononostante, furono trasferiti nell’hotspot di Taranto. Solo a metà luglio furono poi trasferiti in centri per minori. Tradotto: i migranti minorenni hanno dovuto convivere con adulti per quasi due mesi. Non basta: i ricorrenti, scrive la Corte, hanno lamentato che «il centro era sovraffollato e che le condizioni erano malsane». Il tutto documentato con foto. I loro legali hanno inoltre fatto riferimento a un rapporto sui Cie pubblicato nel gennaio 2017 dalla Commissione straordinaria sui diritti umani del Senato. Uno dei vicepresidenti, il senatore di Forza Italia Riccardo Mazzoni, visitò l’hotspot di Taranto, confermando che vi erano ospitati minori senza una vera e propria separazione dagli adulti, e sottolineando che «i servizi offerti non possono coprire le esigenze di un'accoglienza prolungata». Il governo italiano non ha negato, ma ha cercato di giustificarsi: il 22 e il 26 maggio 2017 erano approdati due grandi gruppi di migranti, tra cui 202 minori. Numeri, questo l’argomento italiano, «particolarmente difficili da gestire».

I giudici hanno ravvisato tre violazioni della Convenzione europea dei diritti umani. La prima riguarda l’articolo 3, che vieta la tortura e i trattamenti disumani e degradanti. «La Corte – si legge – prende atto che il governo non contesta l’informazione sottoposta dai ricorrenti circa le carenze delle condizioni materiali dell’hotspot di Taranto». E, vista la durata della permanenza, «conclude che i ricorrenti sono stati sottoposti a un trattamento disumano e degradante». Seconda violazione: articolo 5, che vieta la privazione di libertà salvo nei casi previsti dalla legge e, in caso d’arresto, prescrive il diritto di essere informati sulle ragioni. Il governo assicura che i ragazzi erano liberi di muoversi, ma Mazzoni invece afferma che liberi di uscire erano solo gli adulti. La Corte contesta inoltre che la detenzione dei quattro a Taranto è avvenuta «senza una chiara e accessibile base legale». Terza violazione: l’articolo 13 della Convenzione (diritto a un ricorso effettivo): la Corte afferma che, dal momento che all’inizio non era stato nominato un tutore legale, i minori non avevano al momento potuto denunciare le violazioni. L’Italia dovrà ora risarcire ciascuno dei quattro migranti con 6.500 euro per il danno non pecuniario, più 4.000 euro per i costi legali.

La sentenza arriva nel giorno in cui giungono le critiche indirette dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk, all’accordo Italia-Albania. «La tendenza preoccupante di esternalizzare le procedure di asilo – ha dichiarato davanti al Parlamento Europeo - mandando i migranti in Paesi terzi non fa che alimentare i timori per i diritti umani».

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