martedì 5 aprile 2016
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Marcia indietro. I primi 202 migranti che speravano di ricostruirsi una nuova vita in Europa sono stati riportati in Turchia. È iniziata così, ieri mattina all’alba, la prima operazione di rinvio, prevista dal controverso accordo siglato lo scorso 18 marzo tra l’Unione europea ed Ankara e fortemente criticato dalle organizzazioni umanitarie. Ma non ci sono solo i rinvii a preoccupare. Le ong non governative puntano il dito contro le procedure previste dall’accordo siglato a Bruxelles. «Il modo in cui si sta implementando l’accordo Ue-Turchia è illegale e inumano» sostiene Save the Children che chiede di sospendere i tasferimenti. La Ong è «sconvolta e profondamente preoccupata» soprattutto per la detenzione dei richiedenti asilo, in particolare per il centro di detenzione di Moria sull’isola greca di Lesbo, dove più di 1.000 bambini, molti in viaggio da soli, sono rinchiusi in seguito all’attuazione delle procedure previste dall’accordo. Anche a Idomeni, dove 12mila profughi sono ancora accampati nel fango, con poco cibo e servizi insufficienti, «almeno 15 bambini » non accompagnati sono attualmente in stato di detenzione presso gli uffici di polizia. Apparentemente in stato di protezione, ma di fatto reclusi in piccoli spazi, dietro le sbarre. Sono sprovvisti di documenti e non possono uscire dai locali sorvegliati. Intanto ieri tra imponenti misure di sicurezza, tre navi passeggeri sono partite dalle isole greche di Lesbo e Chios e sono approdate a metà mattina sulla costa turca di Dikili, in Anatolia con i primi migranti repsinti. Fra loro, in maggioranza pachistani e afghani ci sarebbero anche tre bambini senza genitori e 11 donne, di cui una incinta all’ottavo mese. L’avvio dei respingimenti solleva di nuovo proteste e indignazione contro quelle che in molti ormai chiamano 'deportazioni'. «Meglio morire che tornare in Turchia » confessa un siriano. Decine di manifestanti e attivisti dei diritti umani hanno occupato il porto sulla piccola isola greca. Mentre il presidente del Pontificio Consiglio per i migranti, Antonio Maria Vegliò in un’intervista a RadioVaticana, ha ricordato che i migranti e i profughi non sono merce e gli Stati europei non lo debbono mai dimenticare. «Come possono avvenire i ricongiungimenti familiari con questo sistema? Questo fenomeno, questo accordo suscita molte perplessità. – sostiene Vegliò – E questi poveri migranti, profughi non sono mica roba alla posta, sono persone!». Anche il Centro Astalli usa toni duri e chiede lo stop dei rimpatri che sono «violazioni inaccettabili» contro persone «colpevoli di aver tentato di giungere in Europa». Intanto, contrariamente a quanto sperato con l’attuazione dell’accordo, non si fermano gli sbarchi in Grecia. Almeno 330 migranti, partiti dalle coste turche sono sbarcati ieri nelle isole greche. © RIPRODUZIO NE RISERVATA Poliziotta turca con una profuga rimpatriata (Ansa)
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