lunedì 20 febbraio 2017
Inchiesta della procura di Monza. Indagati in 171, associazione a delinquere per 42
L'operazione del commissariato di Monza

L'operazione del commissariato di Monza

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Imprese di pulizie che da un giorno all’altro lievitavano da due a trenta dipendenti, società di servizi che aprivano e chiudevano, per poi riaprire nuovamente e moltiplicarsi (da qui il nome: "Operazione idra"). Trenta le società fittizie di cui è stata accertata l'inesistenza 828 quelle sospettate di essere tali, effimere come bolle di sapone), e poi uno studio di commercialista con tre dipendenti impegnati a ciclo continuo nelle pratiche per contratti di lavoro fasulli: almeno 1.580 le assunzioni inesistenti. Pagate però con soldi veri: dai trecento ai duemila euro a testa, denaro «chiesto a chi magari non aveva i soldi per mandare i figli all’asilo» spiega il dirigente del commissariato di Monza, Angelo Re. Il prezzo per ottenere il finto lavoro, e quindi il documento per restare in Italia, variava da 200 a 3.000 euro, a seconda dell’ingenuità dello straniero, della sua disponibilità economica o della sua disperazione. Delle 1.580 domande di permesso di soggiorno, la metà circa erano già state accettate, e verranno respinte, senza contare i danni per il sistema previdenziale e sanitario. A capo dell’organizzazione un ragioniere brianzolo di 55 anni con un studio di commercialista a Sesto San Giovanni, nell’hinterland di Milano: diplomato e mai laureato. L’accusa per lui e la sua rete di procacciatori, prestanomi di aziende fittizie e imprenditori senza scrupoli (42 persone in tutto) è di associazione a delinquere e favoreggiamento all’immigrazione clandestina e alla permanenza illegale in Italia. Un’inchiesta quella della procura di Monza che non è escluso possa collegarsi con la tratta di esseri umani, come ha spiegato il pm Manuela Massenz: «Questa attività può aver agevolato anche organizzazioni criminali di altro genere» ha detto.Gli indagati sono in tutto 171, il che significa che, tolti i 42 accusati di associazione a delinquere, gli altri sono sono perlopiù gli stessi immigrati, accusati ora di aver presentato documentazione falsa.Undici i destinatari di custodia cautelare. In carcere il "commercialista", mentre altre dieci persone sono ai domiciliari: in particolare il titolare di un phone center di Limbiate, in provincia di Monza, che era il punto d’incontro dove si perfezionavano gli accordi fra richiedenti e procacciatori, che trattenevano una percentuale.

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