sabato 29 agosto 2020
Intervista al colonnello Francesco Laurenzi, meteorologo di "Unomattina in famiglia"
Fulmini a Milano

Fulmini a Milano - Fotogramma

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In questi giorni si è parlato con insistenza di piogge torrenziali, non sempre azzeccando le previsioni. Perché?
Dipende dal fatto che fare delle previsioni meteorologiche può sembrare semplice e invece è complicatissimo – risponde il colonnello Francesco Laurenzi, meteorologo di "Unomattina in famiglia" (Rai) – e questo perché la meteorologia moderna, che si avvale dei calcolatori elettronici, estrae queste previsioni da modelli ed equazioni complicatissime che forniscono non una certezza ma un risultato probabile.

In altre parole, la meteorologia non è una scienza?
La meteorologia moderna utilizza algoritmi non lineari in base ai quali, come nella vita, due più due non fa sempre quattro. Più ci si allontana dal momento previsto, cioè più ampio è l’intervallo, e più la probabilità di un accadimento si abbassa. Non a caso, se notate, ogni previsione è associata ad un grado di attendibilità, che è formulato in base all’errore statistico che è atteso.

Non è un controsenso parlare di previsioni che contengono in partenza un errore atteso?
No, perché la statistica e la matematica prevedono queste grandezze e stiamo parlando di modelli matematici e di variabili che lavorano così. Ogni volta che faccio una previsione inputo nel calcolatore un centinaio di variabili e diverse leggi scientifiche, dalla fisica alla termodinamica, in base alla quale, entro una certa differenza di tempo, si può calcolare un fenomeno – la pioggia, ad esempio –; tuttavia, questi sistemi sofisticati non sono lineari e, quel che è più importante, si autoalimentano. Ogni sei ore, il modello aggiorna la previsione e ogni modello si comporta autonomamente... Ecco spiegato perché, secondo il modello scelto per effettuare i calcoli, questi ultimi possono essere così diversi.

L’utente non si rende conto...
Certo. All’utente si fornisce un dato puntuale – pioggia su una città – partendo da un calcolo che puntuale non è.

Quanto conta il cambiamento climatico nell’accuratezza delle previsioni?
Molto. La meteorologia non è brava a prevedere gli eventi estremi, che con il cambiamento climatico si intensificano. Non a caso, la protezione civile fa previsioni a breve termine, entro le 48 ore.

Quant’è cambiata la meteorologia dai tempi del colonnello Bernacca?
Molto. Allora era sinottica. Si identificano i fenomeni punto per punto e si faceva una previsione sulla base dell’andamento delle perturbazioni e di come si erano comportate nel punto geografico precedente. Se a mezzanotte pioveva a Parigi, sei ore dopo si attendeva pioggia a Lione. Con gli anni 70 e 80 abbiamo iniziato a sviluppare la previsione numerica e non sinottica, fatta dagli algoritmi. Dalle sale meteo sono sparite le persone: basta un computer. Su una cosa però la meteorologia non è cambiata: anche Bernacca non diceva "pioverà a Milano", ma sono attese piogge sulle regioni nordoccidentali, il che significava da Imperia a Varese... L’incertezza era anche nel linguaggio, perché è connaturata a queste previsioni. Il problema, semmai, sono le pressioni commerciali con cui si chiede agli esperti di fare previsioni certe, chiare e sensazionali. Ma non è un problema solo del meteo.

Una strada allagata per la pioggia a Milano

Una strada allagata per la pioggia a Milano - Fotogramma

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