mercoledì 14 luglio 2021
Il giurista: mi pare che il Pd stia riflettendo sugli artt. 4 e 7, il vero nodo è l’identità di genere «Letta valuti questo fiume di buon senso. Una legge condivisa è la migliore garanzia»
Alberto Gambino

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Professor Alberto Gambino, presidente di Scienza&Vita e docente all’Università Europea, quali margini di mediazione vede ancora possibili?
Le mediazioni in politica sono sempre possibili. Anche fuori tempo massimo. Personalmente intravedo margini perché ne uscirebbe un provvedimento contro le discriminazioni votato da una larga maggioranza. E una legge condivisa è la migliore garanzia che sia applicata con rigore. Sarebbe invece nefasto se una legge culturalmente così importante fosse interpretata come divisiva, che poi magari una maggioranza successiva potrebbe modificare in un’altra direzione. Mi pare che ci siano riflessioni significative anche in casa Pd sull’art. 4 che riguarda la clausola 'salva-idee', che per come è scritta - appare piuttosto una minaccia di sanzionare le opinioni non conformi al ddl. Anche l’art. 7 - che praticamente “impone” nelle scuole la giornata nazionale contro l’omotransfobia - non corrisponde ai dettami costituzionali italiani, che vedono i genitori quale baricentro della libertà educativa dei figli e non le strutture scolastiche, le quali istruiscono i ragazzi per 'delega' delle famiglie.

Perché sull’identità di genere siamo invece al muro contro muro?
Semplicemente perché oggi, non trattandosi di un concetto scientifico ma sociologico, ciascuno può pensarla come crede. Un punto di vista definito “per scelta di legge” è, invece, un’operazione arbitraria e chi la compie poi non si potrà lamentare se un’altra maggioranza un giorno imponga, che so, il concetto opposto. Non si tratta di una mera “bandierina” ideologica, ma della legalizzazione definitiva di un modo di intendere l’identificazione del genere di una persona, dimenticandosi però che l’identità di una persona non rileva soltanto per se stessi ma anche per gli altri. Non è indifferente affatto che una persona dalle fattezze fisiche maschili possa entrare nel mondo femminile in forza di una sua percezione soggettiva. Si capisce benissimo perché un mondo femminista sia fortemente critico verso la legge.

Sull’art. 4 in effetti il punto è che il cittadino deve sapere con certezza quali sono le condotte che possono comportare una sanzione penale?
Certamente. Faccio un esempio: oggi se un professore dicesse che le teorie del gender sono sciocchezze e poi un alunno con la testa bacata desse uno spintone ad un compagno gay, ad essere punito sarebbe l’alunno. Con la legge Zan approvata, un pm potrà ritenere che le parole del docente abbiano “determinato il concreto pericolo del compimento dell’atto violento'.

Si aspettava francamente dal segretario Letta una tale irremovibilità, a rischio di veder affossare la legge?
Stimo Letta e credo che stia attraversando un po’ la sindrome di chi, scottatosi con l’acqua bollente, ora ha paura anche dell’acqua fredda. L’acqua bollente sono Renzi e Salvini, l’acqua fredda sono i tantissimi liberali, cattolici, donne impegnate in battaglie femministe, esperti di diritto penale e costituzionale di assoluto rigore, gente comune che chiedono modifiche ragionevoli, non certo di sabotare il ddl Zan. Un fiume di buon senso che il segretario del Pd dovrebbe guadare per coglierne l’autenticità.

Il ritorno del testo in commissione non è passato. Posso solo immaginare che una persona stimata come Zan, che sta portando avanti una battaglia negli obiettivi condivisibile, preferisca qualche modifica al testo che porta il suo nome piuttosto che il naufragio in aula. E, comunque, sarebbe una bella prova di maturità per il suo partito aprire un dialogo con molti degli attuali o potenziali elettori che reclamano modifiche di ragionevolezza.

Renzi rivolge un appello al «buon senso» per varare il ddl. Teme che, altrimenti, possano esserci ricadute sul governo Draghi?
Non mi pare corretto legare questa legge al governo. Le leggi – specie quelle di forte impatto etico-culturale – sono materia esclusivamente parlamentare. I margini per le modifiche ci sono, ma dipende soprattutto dal Pd e da quanto intenda ricollocarsi al centro della politica italiana.

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