venerdì 15 ottobre 2010
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Primo: ricominciare a dialogare. Secondo: cercare soluzioni efficaci per gestire in modo civile il destino dei figli nella separazione. È questo, in estrema sintesi, l’obiettivo della mediazione familiare, che in Italia comincia pian piano ad acquistare un ruolo, di pari passo con la crescita esponenziale di drammi familiari scatenati da una crisi coniugale. Utilissima in caso di coppie che non riescono a parlarsi se non litigando, addirittura indispensabile se ci sono contese sui figli, la mediazione ora scende in piazza per farsi conoscere meglio dagli italiani. Giovedì prossimo, 21 ottobre, si svolgerà in tutta la penisola la Giornata nazionale della mediazione familiare, in corrispondenza con l’International Conflict Resolution Day, proclamata dall’americana Association for Conflict Resolution (Acr) e dal World Mediation Forum. Nelle piazze di 30 città e decine di altre località minori ci saranno punti di distribuzione di volantini e depliant, oltre a professionisti disponibili a rispondere alle domande dei passanti. «Vogliamo far capire che con la mediazione familiare si possono affrontare le problematiche delle coppie in crisi – spiega Luigi Zammuto, presidente dell’Aimef –. Da noi vengono coppie che hanno già deciso di lasciarsi, ma vogliono riorganizzare in modo civile la loro vita». Patrimoni, proprietà, ma soprattutto la gestione dei figli: di questo si discute con il mediatore. E talvolta ci possono essere delle sorprese: non di rado accade che, davanti a un professionista che invita al dialogo, marito e moglie scoprono che le cose che li uniscono sono più importanti di quelle che li dividono. E che vale la pena riprovarci. «Si, capita che recuperando il dialogo tra di loro, marito e moglie riscoprano la relazione – conferma Zammuto –. Più in generale, però, noi cerchiamo di abbassare la conflittualità tra due coniugi che si apprestano a diventare ex, per arrivare a una gestione serena dei figli».All’Aimef sono iscritti 700 professionisti, su un totale di circa 5 mila che esercitano il lavoro di mediatori familiari (altre associazioni di settore sono ad esempio la Simef e l’Aims). In Italia la professione non è ancora regolamentata: la esercitano laureati in Giurisprudenza, Scienze della formazione, Sociologia o Psicologia, dopo aver seguito master biennali di formazione organizzati da enti pubblici o privati. «Come associazione stiamo facendo pressing sul Parlamento perché ci sia una regolamentazione più stretta della nostra professione, con percorsi formativi certi. Questo per offrire servizi più trasparenti e certificati agli utenti», spiega ancora Zammuto.In genere il mediatore lavora come libero professionista, con parcelle che vanno dalle 80 alle 120 euro l’ora (per un numero di incontri di coppia oscillanti tra gli 8 e i 12), ma sempre più spesso servizi di mediazione familiare sono messi a disposizione da consultori e enti locali. Visto che spesso i figli sono il capro espiatorio di tante incomprensioni, la legge sull’affido condiviso del 2006 prevede che il magistrato possa «suggerire» il ricorso alla mediazione familiare. «È già un passo avanti – conclude Zammuto —. Ma noi vorremmo che le coppie, da sole, capissero quanto è importante recuperare il dialogo. Perché anche da ex mariti e ex mogli non si smette mai di essere genitori».
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