sabato 22 ottobre 2011
A Cesena si sono riunite le 189 testate periodiche italiane di ispirazione cristiana; ci si ingegna per superare le difficoltà legate alle pesanti riduzioni dei contributi governativi all’editoria.
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Parla romagnolo e risponde in siciliano, domanda in sardo e racconta in ligure: è l’Italia che si è ritrovata a Cesena per il convegno della Fisc, federazione che riunisce 189 settimanali diocesani. L’Italia vera e sanguigna, quella che non mette in scena irreali «second life» di certa tivù o di certa stampa fuori dal mondo, ma entra ogni giorno nella vita, quella delle famiglie normali, della gente che lavora, dei giovani.Diverse inflessioni ma un’unica voce, preoccupata: «I tagli proposti dal governo per l’editoria sono uguali per tutti, per chi riceve contributi giganteschi come per chi ha gli spiccioli – denuncia Francesco Zanotti, presidente della Fisc e direttore del Corriere Cesenate –. Un’ingiustizia palese, se si pensa che tra i media ci sono situazioni lontane tra loro. Ad esempio, in una cittadina romagnola il settimanale cattolico riceve un decimo di quanto va al settimanale aperto da una cooperativa di giornalisti. Non chiediamo che sia taglieggiata la seconda, ma che non si tolgano le briciole a chi di briciole campa». La crisi ha già abbattuto la scure sul numero di abbonamenti e l’aumento delle tariffe postali (alla fine sventato da una battaglia di Avvenire) l’anno scorso ha rischiato di dare il colpo mortale: «Piuttosto che lincenziare i giornalisti – spiegavano ieri i direttori – abbiamo preferito tagliare il numero di pagine, ma ciò significa mettere il bavaglio alla vera informazione».Ci si ingegna, dunque, per sopravvivere al "delitto mediatico". «Qualche anno fa abbiamo creato un’unica fondazione che riunisce il settimanale, la radio, la tivù, il web e le quaranta sale cinematografiche», spiega don Adriano Bianchi, direttore di La Voce del Popolo di Brescia. Far parte di un unico soggetto giuridico significa dividere gli oneri, il numero di giornalisti e in fondo anche le ristrettezze: «Come in una famiglia, se i tagli colpiscono una parte, l’altra sopperisce». La solidarietà reciproca è una chiave importante. Certo però che, «dopo i tagli subiti alla radio e alla tivù, che quest’anno non avranno più i contributi, se venisse colpito anche il settimanale, che fine farebbero i nostri 15 dipendenti?».Altra idea vincente è la creazione di un’agenzia pubblicitaria interna e l’apertura di cinque mensili cartacei gratuiti, che "invadono" le vallate del Bresciano: una realtà appetibile persino per una casa automobilistica di lusso, che ha comprato gli spazi pubblicitari e consentito così di non spegnere una voce ricca di valori e contenuti. Certo è che, senza i contributi, nessuno potrebbe più investire nell’innovazione tecnologica, ovvero nella competizione: dove trovare anche solo i 70mila euro per un proiettore digitale, considerato che a breve le pellicole non esisteranno più? Simili dinamiche anche per Toscana Oggi, distribuito in 20mila copie: «La nostra particolarità è che siamo il settimanale "delle" diocesi toscane – racconta Andrea Fagioli –. Usciamo con 16 edizioni diverse, un’operazione complessa ma che ci agevola nel personale e sui costi: se il deficit causato dai tagli si distribuirà tra le 16 realtà, l’aggravio sarà meno doloroso».Paradossalmente il problema è sentito meno proprio da chi già non aveva il bene di percepire i contributi statali, perché nel 1990, quando la legge li istituì, non aveva ancora i requisiti. «Fin dall’inizio quindi ci siamo organizzati diversamente – sorride don Carmelo Petrone, direttore di L’Amico del Popolo di Agrigento –. I nostri punti di forza sono i 1.300 abbonamenti, la piccola pubblicità ma soprattutto la rete di collaboratori a titolo gratuito». È un’alta lezione quella siciliana, «la carta vincente di un volontariato che non significa approssimazione ma impegno, e che è sintomo di un aspetto identitario tipico del cattolico». Un piccolo grande miracolo umano, che dura da 57 anni.
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