martedì 5 novembre 2019
Il presidente a Ravenna per i 30 anni dalla scomparsa del segretario Dc: la stella polare del bene comune e di una politica che non può essere disumana
Mattarella ricorda Zaccagnini: la fede vissuta in modo laico
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Era il "mite", di quella mitezza che oggi si farebbe fatica a trovare. Lo stile di Benigno Zaccagnini, medico, partigiano, costituente e segretario della Dc, a trent’anni dalla sua morte, viene rimpianto e celebrato da Sergio Mattarella. Il capo dello Stato, a Ravenna per la commemorazione, parla con affetto – ma anche con estrema puntualità – del leader che ha attraversato una lunga fase della vita politica italiana, a tratti drammatica, fino al rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Ma sempre "Zac", come era soprannominato dagli amici, riusciva a essere esempio di quel cattolicesimo democratico che tanta parte ha avuto nella storia del Paese e nel quale è cresciuto anche il presidente della Repubblica.

Un’esperienza che ne fece una figura umile, buona, generosa, racconta Mattarella, che ripercorre episodi e ricorda quella tensione etica che oggi non sembra interessare le classi dirigenti. Così il presidente ritorna alla veglia funebre guidata dal vescovo di allora Ersilio Tonini nella Ravenna tanto amata da Zaccagnini. Lì accorse tanta gente, «giovani e meno giovani», perché, racconta Mattarella, si «percepiva l’autenticità delle sue parole e dei suoi comportamenti.

Era credibile quando parlava del fondamento etico dell’impegno politico, della tensione morale in politica. Questo rifletteva il senso di umanità profonda che lo muoveva». Il suo sorriso – dice commosso – «esprimeva il suo animo, la sua apertura, la sua disponibilità, la sua attitudine al dialogo e al confronto».

Tanti episodi della vita dell’«onesto Zac» per dire che «la politica non può essere disumana». La corsa a Ravenna per la morte di un suo caro amico mentre il congresso lo proclamava segretario. La preoccupazione, in uno dei suoi ultimi discorsi, di trasmettere ai giovani «un orizzonte di ideali, una prospettiva di valori per evitare l’inaridimento. Inaridirsi è il pericolo che si corre». È, sottolinea Mattarella, «un messaggio forte per oggi, per il nostro presente».

Nella sua ricerca del bene comune, Zaccagnini apriva il suo orizzonte, «al di là dei confini, ideologie, opinioni e sedi». Ancora, continua il racconto del capo dello Stato, in un suo discorso sottolineava: «"Io rappresento tutte le opinioni, le ideologie, le correnti, le posizioni, le convinzioni del nostro Paese. Questo non mi impedisce di sottolineare per ciascuna di esse, il loro carattere"».
Insomma, «questo messaggio così attuale, in questa ultima occasione in pubblico di Zaccagnini, è in fondo il messaggio storico e culturale del cattolicesimo democratico che ha visto in Zaccagnini una figura esemplare, vivendo, come egli ha vissuto, la sua profonda fede cristiana in maniera semplice, autentica. In maniera laica».

Episodi e sentimenti che riportano Mattarella ad altre figure, riferimento dei credenti democratici, da Luigi Sturzo, ad Alcide De Gasperi, ad Aldo Moro, mentre davanti al capo dello Stato siedono Romano Prodi, Pierluigi Castagnetti, Rosy Bindi e Dario Franceschini, in un palasport ravennate pieno di giovani.

Tra le caratteristiche elogiate poi dal capo dello Stato c’è «il senso di provvisorietà dell’impegno politico di Zaccagnini, che è un senso autentico dell’impegno politico che può durare anche a lungo, ma è sempre, per sua natura provvisorio e si aggiunge alla dimensione personale». Una provvisorietà che, secondo Mattarella, «nasceva dal suo legame forte con la sua professione di medico, con la sua città, con il suo territorio». E che dalle parole del capo dello Stato appare molto lontano dalle esperienze dei politici attuali.

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