lunedì 21 maggio 2018
La convocazione sul Colle, per Conte, potrebbe esserci mercoledì o giovedì. Il giorno della «quadra» trovata rovinato dalla doccia fredda dei mercati
Giuseppe Conte. Qui il 1° marzo in occasione della presentazione della squadra di governo del M5S (Ansa)

Giuseppe Conte. Qui il 1° marzo in occasione della presentazione della squadra di governo del M5S (Ansa)

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Il giorno della "quadra" trovata rovinato dalla doccia fredda dei mercati. Nessuna sorpresa per Sergio Mattarella sul nome di Giuseppe Conte, che Luigi Di Maio gli aveva avanzato informalmente già una settimana fa, e che il leader pentastellato gli ufficializza stavolta anche a nome di Matteo Salvini. Sul giurista i leader giallo-verdi sapevano già di poter contare su un nulla osta di Mattarella.

Tutto, a posto, allora? Per niente. È un presidente della Repubblica più preoccupato che sollevato quello che a sera tira le conclusioni di una giornata che segna la svolta nella lunga trattativa d’inizio legislatura. Svolta, ma non dirittura d’arrivo. Mattarella pur esprimendo soddisfazione per l’intesa raggiunta ha fatto presente a entrambi i leader le reazioni altamente negative e i giudizi delle agenzie di rating. E ha ricordato come l’innalzamento dello spread si ripercuota direttamente e in modo sanguinoso sui risparmiatori, col rischio di sprecare la finestra di opportunità aperta dai tassi del debito pubblico faticosamente rientrati nell’alveo della normalità, mentre ora il differenziale torna pericolosamente a salire.

Segno che nel programma ci sono delle criticità che abbassano la credibilità del Paese, e occorre intervenire per rimanere nel solco dei Trattati in corso, per garantire la tenuta dell’unione monetaria, e onorare impegni in corso con altri Paesi, anche su grandi opere come la Tav. Di ministri non si è neanche parlato, e la brevità dei colloqui, in base alla scaletta fissata dal Quirinale, era proprio finalizzata a non entrare nell’argomento. A evitare quello che sarebbe stato visto come uno sgarbo il capo dello Stato ha ricordato al suo interlocutore pentastellato prima e leghista il dettato dell’articolo 95 della Costituzione che assegna al presidente del Consiglio il compito di dirigere la politica del Governo e di mantenere «l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri». Un modo per dire che su un profilo come quello di Conte, giurista con spiccata competenza in materia di semplificazione amministrativa, non c’è nulla da dire in astratto, a patto però che lo si lasci interagire con il presidente della Repubblica. Sarà lui quindi, Costituzione alla mano, non solo a valutare il programma redatto dai partiti, ma anche a redigere la lista dei ministri, o comunque a portarla all’attenzione di Mattarella, cosicché quella definitiva non potrà che essere il frutto - come la Costituzione richiede - di una condivisione fra capo dello Stato e premier.

«Sarà governo politico» ribadiscono Di Maio e Salvini. Sul nome "terzo" di Conte c’è un sostanziale via libera. La strana scelta di Di Maio che non fa nomi all’uscita del colloquio alla Vetrata, ma poi lo fa in piazza rivolto ai cineoperatori e alla gente schierata davanti al Palazzo, è una formula in qualche modo concordata, per non dare il crisma di ufficialità a una designazione che deve ancora essere vagliata, ma che intanto è sul tavolo di Mattarella, con elevate possibilità di valutazione favorevole. L’incarico non sarà oggi però, visto che in mattinata Mattarella riceverà, per atto di cortesia, i presidenti delle Camere Roberto Fico ed Elisabetta Alberti Caselli e nel pomeriggio è in visita a Civitavecchia.

La convocazione sul Colle, per Conte, potrebbe esserci mercoledì o giovedì: 48 ore di ulteriore riflessione che il Quirinale spera possano servire a raffreddare i mercati e aumentare la consapevolezza dei contraenti. Perché su questo esecutivo a metterci la faccia, ora, è anche Mattarella che tanto ha lavorato per arrivare a una soluzione "politica" e non può essere sordo ai segnali di preoccupazione da tutta Europa. Che peseranno sulla scelta per la delicata casella dell’Economia. Ma anche su Esteri, Interno e Difesa, senza trascurare il nodo Infrastrutture che, sulla Tav, rischia di aprire un incidente diplomatico con la Francia.

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