giovedì 13 giugno 2019
Il capo dello Stato indice per il 6-7 ottobre l’elezione suppletiva dei nuovi "togati". E spinge il Parlamento a dare seguito alla volontà dei partiti di mutare le regole
Sergio Mattarella con il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini, a sinistra (Ansa)

Sergio Mattarella con il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini, a sinistra (Ansa)

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Sergio Mattarella prova a voltare pagina nel caos procure che coinvolge il Consiglio superiore della Magistratura e assume una sua iniziativa, da presidente dell’organismo di autogoverno, per sostituire i due componenti togati dimissionari Luigi Spina e Antonio Lepre, in quanto non sostituibili con i primi dei non eletti. Un adempimento formale, un atto dovuto, eppure rivelatore di una svolta che il Colle intende assecondare a nome delle istituzioni coinvolte e delle forze politiche. Una mossa chiaramente indirizzata a restituire prestigio alla magistratura scossa dall’inchiesta, che rivela un malfunzionamento nel meccanismo delle nomine, con i veleni che hanno rischiato di coinvolgere anche il Quirinale, tirando in ballo il consigliere giuridico del Colle Stefano Erbani, che respinge però ogni addebito.

Il comunicato ufficiale della presidenza della Repubblica fa riferimento alla legge del 1958 che regola la Costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura, in particolare alle norme che regolano i poteri del Presidente della Repubblica, con riferimento alle elezioni suppletive per l’assegnazione dei seggi vacanti. Un intervento che viene definito «doveroso», la cui tempestività - pur rinviando ad ottobre l’espletamento delle elezioni - rivela l’intenzione di non alimentare ulteriormente il flusso di veleni e polemiche. Assumendo un’iniziativa forte come una risposta delle istituzioni ai massimi livelli, al fine di accertare e isolare i comportamenti patologici emersi e i loro autori e di accelerare la discussione in atto fra le forze politiche volta a un cambiamento delle regole, per archiviare il sistema correntizio che presiede alle nomine in magistratura. Nessuna volontà, nello stile di Mattarella, di sostituirsi al Parlamento, ma determinazione nell’assecondare un indirizzo che le principali forze politiche hanno mostrato già di voler assumere.

Giovedì della scorsa settimana, sin da quando il caso è scoppiato e prima ancora che i veleni finissero per gettare un’ombra inquietante sulla designazione alla delicatissima carica di capo della Procura di Roma, il capo dello Stato aveva ricevuto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, restando poi in stretto contatto con lui e con il proprio vice al Csm, David Ermini. Esponente di quel Pd a sua volta tirato in ballo nell’inchiesta per via delle intercettazioni che coinvolgono pesantemente l’ex ministro Luca Lotti e il deputato Cosimo Ferri (magistrato in aspettativa).

Un’unità di intenti che, prima ancora che venisse fuori il comunicato del Quirinale, veniva portata alla luce dal ministro della Giustizia intervenuto nel pomeriggio per rimarcare la necessità di combattere «le degenerazioni del correntismo contro cui - rimarca Bonafede - in tanti ci siamo impegnati, anche la magistratura stessa». Il ministro ci mette dentro anche lo «spazio di meritocrazia» che intenderebbe inserire nella sua riforma sulle nomine, volta a superare la progressività automatica, individuando dei criteri oggettivi di valutazione dell’efficienza.

Forza Italia con Sivio Berlusconi aveva assunto un’iniziativa forte per lo scioglimento del Csm, chiedendo un incontro al Colle per portare avanti questa proposta drastica. Ma, nell’ufficializzare la decisione per le elezioni suppletive di ottobre dal Quirinale emergeva una valutazione fatta a monte sull’inopportunità di questa soluzione, che avrebbe portato a rieleggere tutti i componenti dell’organo di autogoverno della magistratura con l’attuale sistema, che ha mostrato tutte le sue crepe. E che ora il Quirinale, facendosi interprete delle istituzioni in coro, intende modificare al più presto. Nell’interesse della stessa magistratura.

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