lunedì 8 aprile 2013
​Disagio nelle altre anime del partito per l'esito delle primarie per la candidatura a sindaco. Anche l'Udc si divide ma prende le distanze dai democratici. (Roberta D'Angelo)
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Vince l’area più a sinistra dei Democratici, pronta alla conquista della Capitale. E nel Pd romano ci si interroga sulle possibili svolte della nuova trazione che potrebbe consegnare all’anima più laicista di largo del Nazareno lo scranno del Campidoglio. Qualcuno già lo chiama timore dell’«effetto-Bonino». Così, di fronte alle congetture e alle riunioni-fiume che seguono al successo di Ignazio Marino su David Sassoli (sostenuto dagli ex Ppi) e su Paolo Gentiloni (dai renziani), lo stesso candidato sindaco esce allo scoperto: «Ho letto di qualcuno che dice che io sono schiacciato a sinistra. Da piccolo ho fatto il chierichetto, lo scout, ho studiato alla Cattolica e mi sento una persona libera che non deve sviluppare un programma della città sulle idee e non sulle ideologie». Ma il punto non è solo interno. Il malessere ha già contagiato i possibili alleati dell’Udc. E allora, replica sempre Marino, «non mi piace parlare di alleanze, ma insieme dobbiamo dare idee e non formare gruppi che rappresentano interessi».E però la preoccupazione resta. Tanto che lo staff del presidente della Regione Zingaretti e dell’influente Goffredo Bettini, che hanno sponsorizzato Marino, sono già al lavoro per calibrare il tiro. La preoccupazione è appunto uno spostamento dell’elettorato moderato a destra. Ma c’è anche il pericolo-Marchini. Il candidato outsider pesca infatti nell’elettorato del Pd, pronto anche ad apparentarsi al ballottaggio, ma così facendo finisce per sfilare voti preziosi al candidato democratico. E anzi, proprio Marchini commenta la vittoria di Marino: «Non posso non osservare come il suo successo sposti molto a sinistra l’asse della coalizione».La partita potrebbe farsi più dura, insomma, tanto che Sassoli e Gentiloni in serata, dopo lunghe analisi e riflessioni con i rispettivi stati generali, si dicono pronti a collaborare con il candidato per riprendersi la Capitale. Suggerisce comunque Sassoli di «togliere dal tavolo alcune proposte che mi sono sembrate carte buone da giocare in campagna elettorale per le primarie ma che per Roma vanno corrette, penso alla legalizzazione delle droghe leggere e l’esproprio delle case dei privati».Un effetto sicuro, invece, la candidatura di Marino lo ottiene: la spaccatura dell’Udc romano. Luciano Ciocchetti, numero uno centrista nel Lazio, invita i suoi a riflettere: «Marino non è potabile. La sua posizione laicista non è sostenibile. E la posizione di Marchini rischia di favorire comunque Marino». Ciocchetti si augura che il partito resti unito, ma molti si starebbero spostando proprio sul candidato imprenditore. «I tempi stringono e la decisione va presa entro 48 ore». E dal centrodestra già cantano le prime sirene. Dal Pdl, Fabrizio Cicchitto ricorda ai centristi che Marino è stato sostenuto «anche da Ingroia». Di fatto, Sel, Verdi, socialisti e tutta la sinistra esultano per la vittoria dell’ex senatore chirurgo. «Ha vinto l’idea che mescolandoci, superando la dicotomia radicali-riformisti, è possibile realizzare l’alternativa di governo», commenta da Sel il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio.
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