giovedì 29 agosto 2019
Il Viminale dà il via libera allo sbarco di alcune persone, ma la nave non può entrare in acque italiane. A bordo 26 piccoli e 5 donne incinte sole, vittime di stupri nelle prigioni libiche
«La Mare Jonio resti nella tempesta». Ma scendono donne e bambini
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Sono le 20 quando dalla Guardia costiera avvertono che si può finalmente procedere al trasbordo dei bambini, dei genitori, dei minori non accompagnati e dei soggetti bisognosi di cure.

Una scelta, quella del governo che non vuole fare avvicinare la nave alla costa, ad altissimo rischio. Con onde alte solo grazie alla perizia degli specialisti della Guardia costiera si è evitato che qualcuno precipitasse in acqua. Un’immagine che spiega, più di ogni analisi, quanto scellerato sia il decreto sicurezza e quali rischi vengano fatti correre ai migranti, agli uomini dello Stato incaricato di interventi in situazioni impossibili.

La giornata

Sono le 11.30 quando dopo oltre un’ora di attesa dalla prima richiesta, dalla Capitaneria di Lampedusa gelano il comandante della Mare Jonio. Nonostante, per stessa ammissione della guardia costiera, vi siano fino a due metri di onda, non è stato permesso alla nave umanitaria carica di famiglie con bambini di ottenere un riparo sotto costa. In altre parole, i cento migranti e i loro soccorritori devono restare in balia della tempesta.

Nel corso del drammatico contatto radio filmato da Avvenire il comandante Giovanni Buscema più volte perde la pazienza, insistendo per ottenere quantomeno un punto di fonda dove riparare la nave sotto le scogliere, in un tratto nel quale il vento viene fermato dai promontori. Non, dunque, una richiesta di attracco, ma solo di potersi avvicinare in qualunque punto dell’isola, anche se lontano dal porto, proteggendosi dalle violenti folate che sferzano la zona. Ma dalla radio sono inamovibili: “In conseguenza del provvedimento di divieto di ingresso nelle acque italiane non potete avvicinarci”. Buscema insiste, segnalando le condizioni meteo e i rischi per le persone a bordo e la Guardia Costiera, rispondendo, riconosce che vi sono “uni metro e mezzo e fino a due metri di onda”. Eppure neanche questo permette alla “nave dei bambini” di trovare un momento dio tregua. Consumando l’ennesima vergogna italiana a danno dei più deboli. Biberon e ciucci, a quanto pare, non suscitano alcuna pietà.

Il Viminale: via libera allo sbarco di donne e bambini

Chiede l’evacuazione immediata la nave Mare Jonio, che questa mattina si è svegliata con una veloce visita della Guardia costiera di Lampedusa che a bordo di una motovedetta ha portato sulla nave umanitaria personale della Guardia di finanza, che ha notificato il divieto firmato dai tre ormai ex ministri Salvini-Toninelli-Trenta. La nave dei bambini e delle famiglie viene ritenuta «non inoffensiva», perciò Mare Jonio si tiene in acque internazionali ma in condizioni proibitive a causa del mare grosso e della pioggia che ha flagellato il ponte su cui si trovano i migranti salvati al largo di Misurata. Proprio l’improvviso peggioramento delle condizioni meteo conferma che il gruppo non sarebbe potuto sopravvivere a una terza notte alla deriva.

E alla fine il Viminale si muove, anche se seguendo il copione già visto negli ultimi mesi: «Come sempre fatto in passato, dalla Mare Jonio potranno scendere donne, bambini e malati» precisa una nota, sottolinenando che rimane confermato il divieto di ingresso e sbarco «per una nave che non rispetta le leggi e che preordinatamentre si provoca lo stato di necessità a bordo per sbarcare in Italia».

Il primo report sanitario, che ha permesso anche di stabilire il numero definitivo dei naufraghi a bordo, è perfino peggiore di quanto non apparisse la situazione in un primo momento. A bordo ci sono 5 donne incinte, tutte senza un compagno. Le gestanti, tutte subsahariane, hanno raccontato che le gravidanze sono frutto delle continue sessioni di stupri di gruppo avvenuti nelle prigioni libiche. Racconto confermato dai rilievi del medico Donatella Albini, con una lunga esperienza in missioni umanitarie nel mondo, e che racconta di non avere mai visto condizioni simili.

«Alle ore 6 di questa mattina - si legge in una nota di Mediterranea - la Mare Jonio ha raggiunto il limite delle acque territoriali a sud di Lampedusa. Ieri sera alle 23.37 è stato notificato il decreto del Ministro dell'Interno, che ci vieta di entrare. Questa mattina, alle 7, la motovedetta CP312 della Guardia Costiera ha affiancato la Mare Jonio per fare salire a bordo due ufficiali della Guardia di Finanza, che ci hanno notificato il decreto brevi manu».

Allegando un primo report medico, l’equipaggio ha chiesto assistenza al Centro di Coordinamento Marittimo e alla Capitaneria di Porto, «per le condizioni di bordo dei 98 naufraghi, in particolare donne incinte e bambini. Alle nostre reiterate richieste di POS (Place of Safety, porto sicuro) fatte alle autorità della nostra bandiera, ancora nessuna risposta».

La notte è trascorsa relativamente in tranquillità. Sfiniti dall’inferno in Libia e dall’odissea in mare, i migranti hanno potuto finalmente riposare al sicuro. «Stiamo condividendo le informazioni su questa situazione con i nostri fratelli e sorelle a bordo: siamo tutti sulla stessa barca. Per noi - conclude la nota di Mediterranea - il salvataggio si concluderà solo quando ognuno dei naufraghi sarà a terra, curato e assistito».

Da terra continuano a giungere messaggi di solidarietà e incoraggiamento. Dopo l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, stamani l’arcivescovo di Monreale ha inviato un saluto. «Esprimo la mia profonda solidarietà ai volontari di Mediterranea Saving Humans per il salvataggio dei migranti - dice monsignor Michele Pennisi - fra cui diverse donne e diversi bambini in condizione di salute precaria». Il presule ha espresso un appello alle autorità politiche: «In nome degli elementari principi di umanità e dei valori cristiani auspico che al più presto venga data loro la possibilità di essere accolti in un porto sicuro italiano, trattandosi per lo più di una nave che batte bandiera italiana».

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