giovedì 29 agosto 2019
«La Ue non disturba i soccorsi». Ma segnala i barconi alla Libia
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Gentile direttore,
l’articolo pubblicato il 27 agosto 2019, a pagina 11 del giornale da lei diretto e con il titolo «Ong denunciano: Gaerei Ue complici dei respingimenti» a firma di Nello Scavo, formula alcune esplicite e gravi accuse ai mezzi aerei dell’Unione Europea in parte riconducibili all’operazione Sophia, posta sotto il Comando italiano, cui è doveroso replicare. L’operazione militare europea Eunavfor Med-Sophia è nata per smantellare le reti criminali dedite, nel Mediterraneo centro-meridionale, al traffico di essere umani. Sophia addestra e monitora la Guardia Costiera e la Marina libiche. E, su mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, contrasta il traffico di armi verso la Libia e raccoglie informazioni sul contrabbando di petrolio e derivati provenienti dal territorio libico. Nel testo dell’articolo, si citano «ripetute catture di profughi di guerra da parte della Guardia Costiera libica, coadiuvata negli interventi di intercettazione da assetti aerei militari di Paesi dell’Unione Europea». Mi preme chiarire che gli assetti aerei di Sophia operanti nel Mediterraneo centrale non supportano o coadiuvano in alcun modo le attività in mare svolte dalla Guardia Costiera libica all’interno delle acque territoriali o dell’area di soccorso libiche. Pattugliando le aree assegnate, gli equipaggi dei nostri velivoli contribuiscono a raccogliere informazioni e a fornire un quadro chiaro della situazione in mare. Quando sono localizzati natanti con migranti in difficoltà, l’informazione viene disseminata contemporaneamente a tutti i centri di coordinamento del soccorso nel Mediterraneo centrale (italiano, maltese, tunisino e libico) che hanno la responsabilità del coordinamento delle attività di soccorso. Queste informazioni sono condivise anche con le altre operazioni nell’area e con alcune Agenzie dell’Unione Europea fra cui Frontex, ma l’eventuale diffusione a terzi spetta ai competenti centri di coordinamento, secondo le norme internazionali. Infine, mi preme sottolineare che gli assetti aerei di Eunavformed dispongono di sistemi di ricerca (ottici, radar e infrarossi) indispensabili per il pattugliamento marittimo, ma non sono in alcun modo dotati di sistemi per il disturbo delle frequenze radio/radar. Se fossero confermati, disturbi sui sistemi Gps di unità operanti in zona non sarebbero in alcun modo imputabili a mezzi militari dell’Unione Europea.

Antonello de Renzis Sonnino

Capitano di vascello Portavoce e capo ufficio stampa Eunavfor Med

Gentile capitano, grazie, anche a nome del direttore, per questa sua lettera e per le gravi e interessanti conferme che contiene. La sostanza delle inchieste condotte da “Avvenire” in questi mesi, corroborate da quanto più volte abbiamo visto e documentato durante lunghe navigazioni a bordo di navi umanitarie di differenti organizzazioni internazionali, riguarda due punti in particolare: la collaborazione tra Forze armate di Stati europei e la cosiddetta Guardia costiera libica. La sua cortese risposta ci dice che: 1) forze europee segnalano a tutte le autorità, dunque anche alla Libia, gli avvistamenti di barconi. Certo su mandato politico della Ue, ma non possiamo non ricordare che la Libia non è riconosciuta da alcun organismo internazionale (Ue compresa) come «porto sicuro» di sbarco; 2) non vengono smentite le attività di disturbo, ma viene escluso che lo faccia Eunavfor Med. Accogliamo con sollievo quest’ultima notizia fornita in replica alle motivate denunce e alle preoccupazioni di diverse organizzazioni umanitarie. Tutto il resto può essere oggetto di analisi e di dibattito. Ma sottolineiamo che non è di grande conforto avere ora un’ulteriore e formale conferma del fatto che forze europee sono in qualche modo di ausilio a forze in armi della Libia, territorio nel quale secondo l’Onu avvengono «orrori indicibili» e in cui agiscono, come documentato da “Avvenire” e recentemente approfondito dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu di Ginevra, ambigue figure di trafficanti di uomini travestiti da guardacoste (ufficialmente interdetti dal tribunale di Tripoli, ma ancora lasciati liberi di agire). La saluto da bordo della Mare Jonio, dove sono stati salvati quasi cento naufraghi provenienti dalla Libia. Tra essi alcuni hanno tentato la traversata fino a cinque volte. La Guardia costiera libica, in precedenti tentativi di fuga dal Paese nordafricano e di approdo in Europa li ha ripetutamente catturati in mare e, poi, ricondotti nelle prigioni che speravano di non rivedere più. Queste persone portano addosso evidenti segni di tortura. Chissà se anch’essi sono stati intercettati in mare dai libici grazie alle segnalazioni dei velivoli europei. Un dubbio che, da solo, dovrebbe far riflettere sulle conseguenze delle “segnalazioni” di Eunavfor Med a «tutti centri di coordinamento » navale, senza distinzione.

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