mercoledì 4 maggio 2016
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MILANO A rrestato il 13 ottobre, scarcerato un mese dopo, liberato dai domiciliari lo scorso 14 aprile per una questione formale, l’ex vicepresidente della Lombardia, Mario Mantovani, di Forza Italia, ieri, è tornato a sedersi al Consiglio regionale, da cui non si era mai dimesso. Mantovani ha deciso di presentarsi di persona per dire di essere «estraneo a tutte» le accuse di concussione, corruzione e turbativa d’asta, di cui dovrà rispondere ai giudici nel processo di primo grado che si aprirà a Milano il prossimo 8 giugno. La sua presenza ha spinto a una dura protesta i consiglieri del Movimento 5 Stelle, che al grido di «onestà» hanno cercato di impedirgli di prendere la parola a inizio seduta, occupando per lungo tempo i banchi della presidenza. Il presidente dell’assemblea, Raffaele Cattaneo, di Ncd, alla fine ha espulso due dei consiglieri pentastellati, Giampietro Maccabiani e Silvana Carcano, censurando gli altri 7, in un clima da rissa sfiorata, in cui qualcuno ha evocato persino l’intervento delle forze dell’ordine. Solo alla ripresa dei lavori consiliari nel primo pomeriggio, Mantovani è riuscito a prendere la parola. Cinque minuti «per fatto personale», la formula sfruttata nelle pieghe del regolamento. L’esponente di FI non lascia l’incarico di consigliere regionale «per dignità e rispetto degli elettori », ha sostenuto. C’è «un principio costituzionale della presunzione di innocenza» da difendere, ha fatto notare. «Ero incerto fino a stamattina - ha confidato - su quale fosse la scelta giusta da fare: dopo aver ascoltato amici e parenti, ho ritenuto di dar retta alla mia coscienza». I lavori d’Aula sono poi ripresi con l’esame di interrogazioni e mozioni. Vari esponenti del centrodestra si sono affrettati a definire «squadrista» l’atteggiamento dei consiglieri 5 Stelle. Mantovani da parte sua ha promesso che non parlerà più della sua vicenda giudiziaria in Consiglio. La protesta di M5S in aula (Ansa)
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