martedì 24 ottobre 2023
Nessuno stanziamento previsto per la riforma dell’assistenza per queste persone fragili. La viceministra Bellucci s’impegna: stiamo cercando le coperture per far partire qualche sperimentazione
Maria Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro

Maria Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro - IMAGOECONOMICA

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La riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti non può finire su un binario morto. La viceministra del Lavoro Maria Teresa Bellucci si impegna a trovare una parte delle risorse per farla partire. Soprattutto il Patto per un nuovo welfare - che è stato il promotore del progetto-base inserito nella legge delega approvata a marzo – è ben deciso con le sue 57 associazioni aderenti a dar battaglia per evitare che si perda un altro anno anziché avviare finalmente quella rivoluzione dell’assistenza agli anziani non autosufficienti che il nostro Paese avrebbe dovuto implementare già decenni fa.

«Stiamo cercando di razionalizzare le spese, trovare le coperture e individuare tutte le risorse disponibili. Ho invitato il Patto a un incontro al ministero e ci confronteremo, oltre che sui decreti delegati, su quali interventi indirizzare almeno delle sperimentazioni e come far partire l’integrazione dei servizi socio-sanitari», spiega la viceministra ad Avvenire.

Da parte sua, il Patto ha riunito ieri le associazioni aderenti – da quelle professionali di chi si occupa degli anziani ai rappresentanti dei pensionati, alle organizzazioni di cittadinanza sociale – per fare il punto della situazione dopo che nella Legge di bilancio approvata dal governo non è stato inserito alcuno stanziamento specifico per finanziare la riforma. «Il rischio – ha sottolineato il coordinatore Cristiano Gori – è che a gennaio si approvino dei decreti delegati vaghi e poco incisivi perché non dotati di risorse finanziarie. Oppure che si dia vita a sperimentazioni territoriali, ad esempio sull’assistenza domiciliare, che poi si prolungano all’infinito senza risultati significativi».

Il progetto di riforma, invece, è complesso ma assai concreto, basato su tre pilastri: una valutazione unica dei bisogni dell’anziano, con differente gradazione degli interventi e dei trasferimenti monetari; il potenziamento dell’assistenza domiciliare affinché l’anziano possa essere assistito quanto più a lungo possibile in casa; il miglioramento della qualità dell’assistenza nelle residenze per anziani. Una “rivoluzione”, dicevamo, che complessivamente ha un costo fino a 7 miliardi aggiuntivi, ma per il cui avvio nel 2024 basterebbero 1,3 miliardi da incrementare poi negli anni successivi. Cifra che però il governo non ha previsto.

Oltre a insistere per recuperare quante più risorse possibili, il Patto chiede che nel 2024 si avviino almeno i cambiamenti a costo zero, come la valutazione unica e l’integrazione tra interventi sanitari e sociali. E ancora, si affermi concretamente il principio stabilito nella delega della maggiorazione dell’assegno di accompagnamento se speso per l’acquisto di servizi di assistenza certificati (badanti regolari, infermieri ecc.).

Nel progetto di riforma sono previsti 4 livelli crescenti a seconda del bisogno, tutti superiori all’attuale livello di 527 euro e maggiorati per un 40% circa se appunto utilizzati per servizi certificati. In questo caso il costo di partenza preventivato era di poco superiore ai 300 milioni di euro, peraltro in parte compensato dall’emersione di rapporti oggi non regolari. Ma, limitandosi alla maggiorazione solo del livello base, l’impegno per le finanze pubbliche sarebbe alla portata anche di una manovra limitata come quella impostata per quest’anno dal governo.

Ci sarebbero poi molti altri interventi necessari, quelli contenuti nella legge delega e altri stralciati come il supporto ai 7 milioni di caregiver familiari privi di sostegno. Su questi temi le famiglie e gli anziani si sentono trascurati, tanto che alcune associazioni ieri hanno proposto azioni di protesta. In piazza potrebbero scendere anche le “Pantere grigie” e chi se ne occupa.




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