lunedì 15 aprile 2013
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Chi vuole convincersi (e convincerci) che sui malati d’azzardo stiano girando inutili "allarmismi", faccia pure.Ma per i professionisti, quelli a contatto di giorno in giorno con i drogati di slot, il fenomeno è terribilmente serio, e guai a banalizzarlo.«Può avere effetti devastanti – spiega Gianluigi Conte, caporeparto del Day Hospital psichiatria e dipendenze del Policlinico Gemelli di Roma –. Come per le sostanze stupefacenti, più si va avanti, più si compie un processo di desensibilizzazione dell’organismo, costretto ad aumentare la sostanza per provare le stesse sensazioni». Il giocatore patologico alza così il dosaggio di scommesse («se si ferma, deve rendere pubblica la sconfitta ottenuta fino a quel momento») e, va avanti lo psichiatria, diventa sempre più fragile: «Quando perde, certo, ma anche quando vince, perché viene esaltata la sua autostima e aumenta l’onnipotenza del desiderio». Autoconvincendosi di riuscire a ripianare il debito da videolottery, per almeno due ragioni. La prima: «Se la macchinetta mi consente in teoria di incassare 10mila, per me non è importante perdere 1 o 100». La vincita potenziale (e improbabile) è comunque superiore alla perdita già reale, e allora si va avanti, fino a quando in tasca non rimane nulla. Poi, spiega Conte, c’è una sorta di «ansia di giustizia che fa credere alle persone fragili di "meritarsi" un riscatto». Che però la slot non è in grado di dare: «Certi giochi hanno un potere uncinante».Il malato d’azzardo, aggiunge Federico Tonioni, psichiatra del Policlinico Gemelli, è affetto come da una «sospensione della capacità di intendere e di volere. Dal suo punto di vista, la perdita è anche poco significativa. L’unica cosa che conta è tenere lontano dalla mente i pensieri, specie l’immagine che ha di se stesso. E davanti a una slot o a una lotteria istantanea, non si rende conto della realtà circostante». Come se ne esce? Attraverso i gruppi di riabilitazione, spiega Tonioni, si può contenere il sintomo: «Ma si deve individuare, anche attraverso l’opera dei famigliari, spesso disperati, la struttura sottostante, quella che ha spinto il giocatore verso la rovina».L’azzardo è «una droga che colpisce tutte le classi sociali», spiega Rolando De Luca, responsabile del Centro di terapia di Campoformido (Udine) per ex malati di slot. Ed è grave, aggiunge, che sia lo Stato a fare cassa, nascondendosi poi dietro al più classico dei “non esagerare”: «L’istituzione ha dato il “la” al consumo di massa, e che cosa fa per difendere i cittadini? Inserisce l’azzardo patologico nei livelli di essenziali di assistenza, senza però destinare un euro in più. In sostanza, una colossale presa in giro». Ed è «inutile – prosegue – limitarsi a un po’ di prevenzione, o alla indignazione». Bisogna agire. Come fa, da parte sua, il centro friulano: le persone che dopo anni di terapia escono dal tunnel, spiega De Luca, dimostrano che tornare alla vita di tutti i giorni si può. Dietro c’è un duro lavoro, e tanto tempo: in media 2-3 anni di incontri, per molti anche di più. Ma per uno che riesce, dopo tanti sacrifici, a stare alla larga dalle macchinette, ce ne sono mille, e con loro le famiglie, che cadono nella trappola dei videopoker. «Allarmista» anche la loro disperazione?
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