martedì 24 settembre 2019
Parla Sbarra, il numero due della Cisl. Al centro il dibattito sull'iniziativa lanciata da Avvenire. Le proposte concrete dei sindacati e degli esperti di mobilità
«Il decreto però non basta, subito una vera contrattazione»
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Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, la Procura di Milano ha aperto un’indagine a tutto campo sulla condizione dei ciclofattorini. Non è il momento per far sentire la nostra voce anche come clienti/consumatori, una sorta di sciopero simbolico dalle ordinazioni attraverso piattaforme di consegna del cibo a domicilio?

Questo nuovo caporalato digitale va contrastato con tutti i mezzi legali e negoziali. Si può considerare anche una battaglia a valle del processo produttivo, promuovendo un consumo consapevole che arrivi a forme di boicottaggio rivolte però non all’intero comparto, ma alle realtà che operano in aree grigie di scarsa tutela e trasparenza. Dobbiamo muoverci in una dimensione partecipativa e impegnarci a costruire insieme un sistema tutelato.


Quale trattamento dei lavoratori siamo disposti ad accettare quando si tratta degli altri e non di noi?
Le condizioni di lavoro e di sicurezza di chi ci porta il cibo in bicicletta ci interrogano

Quali dovrebbero essere le tutele minime da garantire? Intanto il mezzo: la via non è quella dell’ingerenza legislativa. Nel merito, abbiamo già un contratto nazionale di riferimento, quello della logistica, che – come indica una sentenza del Tribunale di Torino – andrebbe esteso nella sua disciplina a tutti i lavoratori che operano in questo segmento. Bisogna integrare le garanzie adeguando i salari alle tabelle contrattuali e attivando gli istituti normativi, assistenziali e previdenziali necessari a dare dignità a chi è occupato in questo settore. È prioritario poi affrontare alcuni aspetti operativi, a cominciare dalla trasparenza degli algoritmi decisionali delle piattaforme, da una copertura assicurativa integrativa e dal riconoscimento del diritto alla disconnessione, alla privacy, alla non discriminazione e all’associazione sindacale.

Il decreto approvato dal governo è sufficiente? È un passo davvero troppo piccolo per parlare di svolta. L’unica novità realmente positiva è l’obbligo di assicurazione Inail e di rispetto del Testo Unico sulla sicurezza. La retribuzione a cottimo rimane, così come non viene risolta la questione della qualificazione del rapporto di lavoro. Quindi i riders potranno restare inquadrati come co.co.co. nella migliore delle ipotesi, oppure come collaboratori occasionali. In quest’ultimo caso non spettano loro neppure le tutele della Gestione Separata Inps.

Dobbiamo in qualche modo 'arrenderci' a un’economia dei lavoretti? Nessuna resa, ma neanche la condanna tout court dei lavori 'alla spina', che comunque possono venire incontro all’esigenza di tanti persone che hanno disponibilità per quel tipo di impiego. Si tratta di colpire dove c’è il marcio e di capire la specificità di questo segmento all’interno di un’enorme transizione verso l’economia digitale. Transizione che dobbiamo saper governare insieme. La via è quella indicata da Papa Francesco: uno sforzo condiviso per far sì che la tecnologia sia sempre messa al servizio della persona.

Il sindacato appare in ritardo nella tutela dei rider e in generale di chi fa 'lavoretti'… Il sindacato confederale è sul pezzo da tanto tempo. Già a dicembre del 2017 abbiamo negoziato nel Ccnl della Logistica una parte riferita alle tutele dei ciclo-fattorini. Certo, i cambiamenti impongono anche a noi uno sforzo di aggiornamento. Ma il sentiero della contrattazione, della bilateralità, della condivisione delle scelte è il migliore per contrastare il vero nemico insito in questa tecnologia, che è l’isolamento del lavoratore.

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