martedì 24 agosto 2021
Da inizio agosto l'epidemia è stazionaria, con la Sicilia che traina la curva dei contagi. Ma perché imporre restrizioni se poi non si attivano i controlli?
Spiagge affollate sul Gargano

Spiagge affollate sul Gargano - Ansa

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È un’estate sempre in bilico tra la paura che i contagi aumentino e la voglia di tornare alla normalità. Da un lato, i numeri a descrivere giornalmente nuovi casi, ospedalizzazioni e decessi,dall’altra i primi segnali,dai concerti all’aver riposto la mascherina in tasca, di una vita pressoché normale tra spiagge e località turistiche.

Partiamo dai numeri. Da inizio agosto, l’epidemia si è sostanzialmente fermata. Siamo in una fase stazionaria. Se escludiamo dall’analisi la Sicilia, per cui va fatto un discorso a parte, si iniziano anche a vedere i primi segnali di discesa. La settimana appena conclusa ha fatto registrare una lieve decrescita del numero dei casi (-0,7%, non accadeva dall’ultima settimana di giugno), mentre in Sicilia per la seconda settimana consecutiva sono aumentati di circa il 33%. Ancora troppo presto per cantare vittoria (il numero delle ospedalizzazioni e dei decessi è ancora in salita), ma sicuramente un bel segnale, soprattutto viste alcune previsioni fin troppo pessimistiche che ci preannunciavano 40mila casi al giorno per la seconda metà di agosto.

Osserviamo circa 40mila casi a settimana in realtà, e non al giorno. Ma cosa ha portato alcuni analisti (per fortuna non gli statistici) ad immaginare scenari così pessimistici? Tra fine giugno e metà luglio i casi sono triplicati, passando dai 5.260 casi della settimana 28 giugno-4 luglio ai 16.176 tra il 12 e il 18 luglio. Questo, visto anche cosa stava succedendo nel Regno Unito, con l’esplosione dei casi dovuti alla variante Delta, ha portato ad immaginare 'per similitudine' che l’epidemia avrebbe ripreso la sua corsa anche da noi, alcuni hanno anche azzardato sostenendo che ci fosse il rischio di una crescita 'senza fine'. Eppure, invece di lanciare allarmi, sarebbe bastato analizzare i dati nel modo corretto, ad esempio utilizzando il modello logistico di Richards, ampiamente utilizzato in situazioni di analisi di dati epidemiologici. I dati italiani, la crescita del contagio, gli indicatori dell’epidemia nel nostro Paese sono sempre stati ben diversi da quelli del Regno Unito.

La spinta ad una rapida crescita dovuta al cosiddetto 'effetto Europei', cioè quei comportamenti legati ai festeggiamenti per i successi della nostra nazionale di calcio, si è presto esaurita. Il Lazio, che ha trainato quella crescita così veloce, oggi mostra chiari segnali di discesa nella curva dei contagi. Speriamo che all’effetto Europei non si sostituisca ora l’effetto rave di Valentano.

Oggi è la Sicilia a trainare la curva dei contagi, con circa il 20-25% dei casi giornalieri nazionali registrati sull’isola, e la crescita continuerà almeno fino a fine mese, con un impatto sul sistema sanitario regionale nelle settimane successive. Pertanto, dire che siamo in una fase stazionaria dell’epidemia a livello nazionale non equivale a dire che stia andando tutto bene. La curva epidemiologica non resterà stabile in eterno, a breve scenderà o salirà. Dipende, come sempre, dai comportamenti delle persone. Credo che, ormai, sia chiaro a tutti. Vedere foto e video sui social networks di ragazzi che ballano in serate nate come cene, che però poi si protraggono fine a notte tardi sul beat suonato dal dj, ammassati e senza mascherina, non è di certo un bel segnale per il futuro prossimo. Non è un cattivo auspicio, ma una constatazione del fatto che, forse, non abbiamo imparato granché dalla scorsa estate.

Domanda retorica: non sarebbe stato più opportuno riaprire le discoteche, con i dovuti protocolli di sicurezza, piuttosto che dover assistere a questo raggiro delle restrizioni, in cui controlli e rispetto delle minime regole di buon senso, a cominciare dal distanziamento sociale, non sono previsti? Come è possibile che ci siano migliaia di video in rete di ragazzi che ballano e non si intervenga, laddove necessario, con le dovute sanzioni?

Alla fine, la responsabilità ricade sempre su chi deve controllare. Imporre restrizioni anche molto stringenti e non far nulla per farle rispettare è chiaro segno di debolezza, un lavarsi le mani come Ponzio Pilato. Girarsi dall’altra parte non è la soluzione. Cosa accadrà in autunno è ancora presto per dirlo. Di certo la stagione estiva è salva. Prepariamoci a qualche cambio di colore di alcune Regioni nel futuro prossimo, magari un po’ in ritardo rispetto al reale andamento dell’epidemia (vedi la Sicilia). Sarebbe però più opportuno utilizzare i colori delle Regioni come strumento di prevenzione, con lo scopo di contenere i contagi e le ospedalizzazioni, piuttosto che come strumento punitivo una volta che la situazione epidemiologica è già critica.

Professore Ordinario di Statistica Università Lumsa

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