venerdì 12 febbraio 2016
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BOLOGNA Secondo il Tar dell’Emilia Romagna, a scuola non si possono fare le benedizioni pasquali. Neppure se fissate in orario extrascolastico e solo per coloro che liberamente scelgono di parteciparvi. Questo dice la sentenza che mercoledì ha accolto il ricorso presentato da alcuni insegnanti e genitori dell’Istituto comprensivo 20 di Bologna (che comprende due scuole elementari e una scuola media), insieme al Comitato Scuola e costituzione. I fatti risalgono al 2015, quando il parroco del territorio dove hanno sede i tre plessi dell’Istituto chiese alla dirigente scolastica di entrare per la benedizione. Proposta che venne votata e approvata a grande maggioranza in Consiglio d’Istituto, così come prevede la sentenza del Consiglio di Stato intervenuto proprio su un’analoga vicenda alcuni anni fa. Subito scoppiò il putiferio, con il coro di protesta di un gruppettino sparuto ma agguerrito d’insegnanti e genitori che presentarono, appunto, ricorso. La dirigente scolastica, in attesa della sentenza, decise di andare a- vanti, e le benedizioni si fecero comunque. Dodici mesi dopo il pronunciamento del giudice. Che ha suscitato molto stupore e parecchia perplessità non solo nelle stanze dell’arcidiocesi e della scuola stessa, ma di tutta la città. Proprio in queste ore l’Ufficio scolastico regionale sta valutando insieme all’Avvocatura dello Stato la possibilità di ricorrere al Consiglio di Stato. Con l’amarezza del direttore generale Stefano Versari, che parla di «una sentenza che si presta più a interpretazioni ideologiche che giuridiche». Durissima la condanna dell’Arcidiocesi, guidata da monsignor Matteo Maria Zuppi: «La pronuncia desta stupore e amarezza; il merito non appare condivisibile – si legge nella nota divulgata da via Altabella –. Infatti quel gesto di pace che è la benedizione pasquale non è stato allora imposto a nessuno, ma fu conseguente a una adesione libera e volontaria e avvenne in orario extrascolastico, nel pieno rispetto della normativa vigente». Inoltre «escludere la dimensione religiosa dalla scuola e pensare di ridurla a una sfera meramente individuale non contribuisce all’affermazione di una laicità correttamente intesa». La decisione è stata avvertita come una violenza dallo stesso istituto. «Sono colpita dalla durezza della decisione – spiega la dirigente scolastica Daniela Turci (che è anche consigliera comunale Pd) –. Ci obbliga a non fare quello che era stato votato dal Consiglio d’Istituto e che lo stesso Consiglio di Stato aveva dichiarato lecito se fatto liberamente e in orario extrascolastico». Turci ha anche pensato una contromossa: benedire la scuola da fuori, «lì c’è spazio e non c’è bisogno di un voto ». Una proposta che sottoporrà all’attenzione dei genitori. Sulla vicenda è intervenuto il deputato bolognese Pd Andrea De Maria: «Fin da ragazzo mi sono battuto per la laicità delle istituzioni pubbliche. Devo però dire francamente che non vedo come una benedizione data in una scuola, fuori orario di lezione e con partecipazione strettamente volontaria, possa violare quei principi di laicità». Cosa succederà ora nelle scuole dove da sempre si fanno le benedizioni pasquali? «La sentenza è di primo grado – precisa Paolo Cavana, docente di Diritto ecclesiastico alla Lumsa –. È quindi appellabile. Poi decide esclusivamente sul caso singolo. Non è legge». © RIPRODUZIONE RISERVATA BOLOGNA L’istituto Comprensivo 20
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