giovedì 3 ottobre 2013
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Una scuola dove il voto compare sul registro solo a fine anno e i libri di testo sono il frutto di una scelta congiunta insegnanti e studenti. L’utopia entra nell’educazione e siede sui banchi? Alla scuola media statale "Manzoni" di Pesaro, in realtà accade già che tempi e modi dello studio sono decisi assieme, e i ragazzi entrano a pieno titolo nelle commissioni. «Con questo sistema il rendimento aumenta con percentuali elevate perché vengono meno l’ansia, la competizione, il ragazzo è libero di apprendere, e lo fa con passione», spiega Ferdinando Ciani, che sul tema della "classe senza voto" (come l’ha chiamata) ha ricavato due libri, "La scuola di Pinocchio" e "A scuola senza profitto". Ciani è anche responsabile del Gruppo di ricerca sulla Scuola del Gratuito, un’esperienza che ha cercato di tradurre sul campo alcune intuizioni di don Oreste Benzi, "l’apostolo della carità" come lo aveva definito Papa Benedetto XVI.Dalla provocazione del sacerdote con la tonaca lisa – una società che si forma e si organizza sulle esigenze degli "ultimi" – la Comunità Papa Giovanni XXIII, dopo anni di ricerca e sperimentazione, ha elaborato un nuovo modello di scuola che proporrà nel corso del convegno "La Scuola del Gratuito - pedagogia della carità per una società più felice", in programma sabato e domenica all’Hotel San Giuseppe di Valdragone, a San Marino. Per ora sono stati avviati le "prove sul campo". Per la scuola vera e propria si attende di capire come e quando passare dalla proposta alla realizzazione. «Per una riforma della scuola servono sicuramente risorse, insegnanti, strutture adeguate, ma soprattutto nuove relazioni tra i soggetti coinvolti: insegnanti, studenti e famiglie», fa notare il responsabile generale della Giovanni XXIII, Paolo Ramonda.Due i capisaldi di questa nuova scuola, scritti a lettere cubitali nel "manifesto della scuola del gratuito" approntato per l’occasione: da una parte una scuola più attenta alla persona e una pedagogia svincolata dai meccanismi del profitto, dall’altra l’integrazione effettiva degli studenti "diversi". «Oggi si parla tanto di "bisogni educativi speciali", riferiti agli alunni con handicap – mette in luce questo aspetto Primo lazzari, vicepresidente della Comunità e insegnante –. In realtà ogni alunno è speciale e, al tempo stesso, anche i bambini considerati "scarti" sono portatori di un dono: educano i coetanei, gli insegnanti e i genitori alla ricchezza della diversità». Gli alunni diversamente abili come risorsa e non come problema: per questo sono stati invitati al convegno la direttrice e i genitori della scuola di Mugnano, nel napoletano, che hanno ritirato i propri figli dalla classe perché c’era un alunno disabile. Un caso eclatante, ma non isolato purtroppo, anche se – fa notare l’insegnante Riccardo Ghinelli – «casi del genere si sono registrati in Italia solo dopo le restrizioni al sostegno. In realtà, l’integrazione scolastica attiva dal 1977 ha migliorato la qualità della scuola».Una scuola senza voti, la ricchezza della diversità, il gusto di conoscere. Le intuizioni di don Benzi tradotte in un modello pedagogico per una scuola del gratuito, in realtà hanno dei "genitori" illustri. Il riferimento più noto per questo tipo di esperienze è la Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, un’esperienza dove il valore di una persona non si confondeva con la sua capacità di incamerare nozioni. Più vicine a noi, esperienze del genere si registrano alla "Summerhill" in Gran Bretagna, alla "Kapriole" di Friburgo (Germania), "Hadera" in Israele o "Kiskanu" a Verona. Irene Stella (relatrice al convegno Insieme a studiosi come Riziero Zucchi, Università di Torino; Leonardo Becchetti, Università di Roma Tor Vergata; e Andrea Canevaro, Università di Bologna) e autore del libro "Liberi di imparare" sintetizza così lo spirito di queste scuole: «Il migliore adulto che un bambino può diventare è se stesso».
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