giovedì 4 giugno 2020
Di Stefano, il vicepresidente: "L’eventuale sgombero? Se qualcuno ha intenzione di farlo, vediamo cosa succede quel giorno"
Simone Di Stefano (a destra) davanti alla sede romana di Casa Pound

Simone Di Stefano (a destra) davanti alla sede romana di Casa Pound - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Primo atto di una storia che, si sapeva da un pezzo, sarebbe dovuta cominciare. Associazione a delinquere finalizzata all’istigazione all’odio razziale e occupazione abusiva di immobile: sono i reati contestati dalla Procura di Roma, nell’ambito di un’inchiesta su Casapound, nei confronti di sedici indagati, compresi i vertici del movimento di estrema destra, dopo l’indagine condotta dalla Digos. E la Procura ha chiesto e ottenuto dal gip un sequestro preventivo del palazzo in via Napoleone III a Roma, sede di Casapound, il cui valore oscilla fra 11 e 13 milioni di euro e nel quale vivono anche diciotto famiglie, tutte legate al movimento che fa esplicito riferimento al fascismo.

Adesso, tecnicamente, dopo la notifica dell’ordinanza del sequestro preventivo del palazzo (che avverrà non prima di martedì), l’immobile passa nella disponibilità del Tribunale. L’eventuale sgombero dovrà invece essere deciso dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza in coordinamento con la Procura. Casapound ha già fatto conoscere più o meno chiaramente le sue contromosse: “Siamo qui da sedici anni e non abbiamo intenzione di andarcene, faremo ricorso quando ci notificheranno l’atto”, annuncia il vicepresidente di Casapound, Simone Di Stefano. L’eventuale sgombero? “Se qualcuno ha intenzione di farlo, vediamo cosa succede quel giorno. Noi abbiamo intenzione di mantenere l’occupazione e il palazzo”, risponde. Lasciando immaginare che potrebbero non essere proprio rose, fiori e chiavi consegnate tranquillamente.

Ancora Di Stefano: “Lo sgombero è un attacco politico strumentale dalla magistratura di sinistra. Non si capisce per quale motivo si dovrebbe ripristinare la legalità a Roma partendo da questo palazzo e non dagli altri cento che sono già in cima a una lista stilata da Questura e Prefettura pochi mesi fa, nessuno è stato sgomberato e qualcuno ci dovrebbe spiegare perché cominciare da questo”. Non solo i magistrati, ma - è andato avanti - “forse Virginia Raggi in campagna elettorale ha bisogno di recuperare voti a sinistra?".

A proposito, qualche ora e alla sindaca arrivano minacce via social. Esempio? “Ti ricordo che fra un anno l’attenzione mediatica e la scorta spariranno, ma il tuo nome resterà scritto nel libro nero dei camerati che hanno una buona memoria”, ha scritto qualcuno su Facebook. Un pessimo inizio, tanto che già in serata lo stesso Di Stefano deve metterci una pezza: “Non c’è nessuna intenzione di minacciare il sindaco. Chi va sulla pagina Facebook della Raggi a minacciare è un matto, mettetegli la camicia di forza”.

Proprio la sindaca Raggi era stata subito chiara e netta: “La Procura ha fatto un ottimo lavoro, notificando un ordine di sequestro per l’immobile di via Napoleone III occupato da oltre diciotto anni da Casapound. Anche qui si va a ristabilire la legalità, come è stato fatto quando abbiamo buttato giù i villini dei Casamonica, famiglia storica della criminalità romana: la criminalità va contrastata mostrando che lo Stato c’è, è forte e non arretra”.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: