venerdì 23 marzo 2012
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Dici separazione, e immediatamente la testa corre all’avvocato, al gergo freddo del diritto, al giudice e al tribunale. Tentare di risolvere i conflitti familiari, o più semplicemente prendere atto di dove si è sbagliato ed essere preparati al futuro, al cambiamento di status, alle nuove relazioni coi figli sono possibilità lontanissime dai coniugi italiani in crisi. Ecco perché per la mediatrice familiare e collaboratrice del Centro studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica Costanza Marzotto «non sono i tempi del divorzio il nodo da risolvere nel nostro Paese, ma la mancanza di informazioni sui percorsi necessari alle coppie in crisi».Certo un anno o due sembrano pochissimi anche per un percorso di mediazione, no?Dipende da come si affronta questo percorso, anche se è evidente la necessità di un “rodaggio”. Il punto è che molte coppie che si rivolgono ai mediatori lo fanno senza avere come reale obiettivo quello di elaborare la crisi di coppia e il dolore d’aver perso fiducia nell’altro. Quando infatti subentra il discorso legale, ecco comparire lettere scritte nel gergo “violento” delle rivendicazioni e delle colpe. I coniugi, invece, hanno bisogno di uno spazio neutro in cui mettere a tema la loro delusione, la loro rabbia, i loro sentimenti. È come se nel nostro Paese si sottovalutasse il bisogno di confronto anche conflittuale che c’è tra due coniugi.Sembra, insomma, che il divorzio rappresenti l’unica soluzione alla separazione...Sì, e poi sembra che, siccome di separazioni ce ne sono tante, allora significa anche che sia facile, separarsi, che la cosa vada agevolata se possibile, che i tribunali vadano aiutati. Non è così: separarsi è complicato, dolorosissimo, è un lutto che supera di gran lunga quello, per esempio, della perdita di un lavoro. Richiede elaborazione e presa di coscienza dei propri sbagli e di quelli altrui, per evitare che in futuro si ripeta lo stesso errore. Personalmente non sono d’accordo con l’ipotesi del divorzio breve, ma se vogliamo davvero velocizzarne i tempi, allora facciamo anche in modo che tutti i coniugi siano informati di ciò che li aspetta, di ciò che sta loro accadendo e di come li segnerà.Questa consapevolezza manca del tutto in Italia?Diciamo che è ancora troppo poco diffusa. La Simef (Società italiana di mediazione familiare) si sta attivando per essere sempre più presente nei tribunali, con degli sportelli informativi, in modo da poter accompagnare e sostenere le coppie anche al di fuori dei centri specializzati e dei consultori. Ma non basta ancora.
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