domenica 24 luglio 2016
Da Khartoum a Tripoli fino all’Italia la gang eritrea e sudanese organizza viaggi spesso letali e su chi non paga l’ombra del prelievo di organi.
Fango e rifiuti. L'inferno di Moria
La cupola africana del traffico di morte
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Prime linee eritree e sudanesi con un superboss libico. Ecco i nomi della cupola africana del traffico di esseri umani sulla rotta centrale dell’Africa tra Khartoum, Sudan, e Tripoli. E di chi organizza il commercio di uomini tra Libia e Italia. Altro che gli scafisti, pesci piccoli che per poche migliaia di euro guidano i barconi. Sono i principali responsabili dei 3.000 morti in mare stimati da tutte le organizzazioni umanitarie fino al 20 luglio. Hanno sulla coscienza naufragi come quello di Lampedusa. Senza contare i più fragili che non riescono a sopravvivere alle traversate nel deserto e tutte le vittime di violenze, abusi e stupri (donne, minori) regolarmente praticati in Libia su chi attende l’imbarcazione per attraversaee il Canale di Sicilia che questi criminali spietati hanno contribuito a rendere il braccio di mare più letale del pianeta. Nomi che dicono poco a noi europei, spesso semplici 'alias' o diminutivi, ma che contribuiscono a dare qualche informazione in un quadro estremamente nebuloso. Li hanno pazientemente raccolti e girati ad 'Avvenire' le ong che aiutano i migranti ascoltando i racconti dei profughi giunti in Europa e confrontandoli con quelli di chi è ancora in viaggio.  Per chi parte da Eritrea, Etiopia e Sudan, la base di partenza è la capitale, Khartoum. Nella città dei due Nili il gruppo che organizza i viaggi nel deserto del Sahara verso le coste libiche è guidato da un team misto sudanese- eritreo guidato dal sudanese Abdella Sedigaffiancato da un complice chiamato Ibrahim, suo connazionale, e da un eitreo soprannominato Gere, al se- colo Ghebresghiaber Michael Tesphmariam, mentre il fratello del capo, Mussa, attualmente è segnalato a Londra dove reinveste i proventi dell’immondo commercio. Chiunque decida di mettersi in viaggio dall’Asmara o da Addis Abeba verso i campi profughi sudanesi e poi verso la capitale sui due fiumi deve possedere il telefono dell’eritreo o del boss per poter pattuire prezzo e condizioni del viaggio nel Sahara libico. Mediamente costa tra i 2.500 e i 3.000 dollari a testa. Una volta giunti in Libia, i migranti vengono presi in consegna da un’altra organizzazione, della quale fanno parte anche il tesoriere Musa Sedig, figura chiave del racket e Ibrahim, che sui social si presenta sul proprio profilo personale con una foto che lo ritrae in veste di insospettabile padre di una bambina. ero ogni migrante in mare l’incasso è 1200 dollari. Al vertice dell’organizzazione le testimonianze indicano un libico, probabilmente alto ufficiale della Marina, che si fa chiamare ero ogni migrante in mare l’incasso è 1200 dollari. Al vertice dell’organizzazione le testimonianze indicano un libico, probabilmente alto ufficiale della Marina, che si fa chiamare Nasser. I suoi vice sono noti alla magistratira italiana. Uno è un eritreo conosciuto comeMered Medhanie Yedhego, arrestato in Sudan il 25 maggio ed estradato in Italia ai primi di giugno. Dal carcere di Palermo, però, l’uomo sostiene di essere vittima di uno scambio di persona. Ma nella memoria del cellulare i pm di Palermo hanno trovato fotografie di cadaveri smembrati che testimonierebbero il traffico di organi praticato sulla rotta dai famigerati 'medici del Sahara' su chi non ha i soldi per pagare il viaggio, come confermava il primo pentito del network criminale Atta Wehabrebi. Un particolare agghiacciante: Medhanie era, secondo i testimoni, implicato nei sequestri compiuti nel Sinai, dove venivano prelevati organi a chi non poteva pagare il riscatto. L’altro braccio destro di Nasser è l’inafferrabile etiope Ermias Ghermay, che agisce indisturbato in Libia. Ai piani inferiori ancora tre eritrei, John Frezghi detto Johannes, che vivrebbe ora a Monaco, in Germania, poi Jemalsuud e Measho Tesfamariam. Quest’ultimo si trova in cella a Catania con l’accusa di aver organizzato il viaggio del barcone partito il 27 giugno 2014 e sparito nel Mediterraneo con 244 migranti. Sparizione avvolta nel mistero, nella diaspora eritrea si teme che i passeggeri siano finiti nelle mani del Daesh libico o in quelle dei trafficanti di organi. Un carico venduto dai mercati di carne umana, insomma, uno de misteri della cupola che forse ha sopra di sé padrini politici molto altolocati nelle capitali del Corno d’Africa e del Sahara. Solo seguendo il flusso immenso dei soldi ricavati dal traffico, milioni di dollari, si arriverà alla verità.
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