sabato 1 aprile 2017
Per le banche sono insufficienti le garanzia per il mutuo. La famiglia rischia lo sfratto. La madre: un trauma per mio figlio
La casa finisce all'asta, il figlio è disabile mentale. «Aiutateci a restare qui»
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«Volevamo lasciare a Gabriele questa casa per la sua sicurezza». Un luogo in cui Maria Grazia e Fabrizio hanno investito i risparmi di una vita, «costruendola con amore e sacrifici, con la speranza di dare a lui almeno una certezza abitativa quando non ci saremo più». Eppure adesso il sogno «semplice e naturale» di Maria Grazia Pietrelli e Fabrizio Nobili – lei casalinga di 55 anni e lui meccanico di 56, con un appartamento a La Storta nell’estrema periferia nord di Roma – rischia di infrangersi. Perché tra qualche giorno la loro casa finirà all’asta. «Mi sembra di vivere in un incubo», racconta mamma Maria Grazia. Un tormento aggravato dalla preoccupazione delle conseguenze che questo cambiamento avrà su Gabriele, un ragazzo di 25 anni con problemi mentali. Dovendo andar via dall’ambiente in cui è nato «vivrà un profondo trauma, morirà di dolore – ne è sicura –. Non sopporta i cambiamenti, lo distruggono. È un ragazzo sensibile, va subito in depressione». L’amore che i genitori gli danno ogni giorno, i vicini di casa che ormai gli vogliono bene e «i pochi amici che ha nel vicino centro diurno di Casale San Nicola» lo fanno stare sereno, «come faccio adesso a spiegargli che dovremo andarcene?» ripete la donna, che da alcuni mesi non si dà pace. «Come faccio a dirgli – continua Maria Grazia – che non potremo più "adottare" Enzi, il suo amico del Gambia senza famiglia che già vive spesso da noi?».

Questa mamma è un fiume in piena nel raccontare la sua triste storia. La casa dove vivono gli è stata «donata verbalmente», dopo il matrimonio, dalla suocera, ma su questo immobile modesto di 100 metri quadri – «e allora disastrato» – la famiglia del marito ha acceso alcuni anni fa (a insaputa di Maria Grazia e Fabrizio) un mutuo di 150mila euro, tuttavia mai pagato. Così ora la banca glielo toglierà. «Abbiamo provato a bussare a tutte le porte che conosciamo – la donna continua sconsolata a spiegare la sua ingarbugliata situazione – ma nessuna banca ci concede un mutuo», visto che il marito è un libero professionista e non può dare troppe garanzie. In più, «i pochi soldi che abbiamo da parte non bastano per partecipare all’asta – fa una pausa – Ma non voglio rassegnarmi, io voglio continuare a lottare per Gabriele». In questi anni il Signore è stato al suo fianco nelle tante problematiche di salute del figlio, ammette, «spero solo Dio adesso mi darà la forza di affrontare anche tutto questo».

La paura della donna è soprattutto quella di dover di nuovo «raccogliere i cocci, quando un mondo che spesso è ostile e indifferente alla disabilità dovesse far andare in pezzi di nuovo la vita di Gabriele, quando banche che non guardano in faccia a nessuno e fanno solo i loro interessi ci dovessero portare via la casa, tutto quello che abbiamo». Mamma Maria Grazia passa dall’amarezza alla voglia di combattere nello spazio di pochi minuti. Sa che come madre non può arrendersi, «ma le tante difficoltà che incontriamo per salvare il nostro unico tetto mi buttano giù». Solo pensare di dover affittarne uno autonomo ad almeno 600 euro al mese – Gabriele si sveglia spesso di notte agitato e in condominio disturberebbe i vicini – metterebbe in difficoltà le loro esigue finanze. «L’avvocato che gestiste l’asta ci ha promesso che resteremo qui il più a lungo possibile – dice seria – ma non basta per Gabriele». In fondo, quello che Maria Grazia e Fabrizio auspicano, è solo che il figlio possa restare a casa propria: «Chiediamo di poterci credere ancora. Aiutateci a farlo».

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