sabato 22 luglio 2023
Dalla Toscana alla Rete dei centri virtuosi del Sud, nuovi allarmi: siamo in difficoltà, rischiamo di stipare persone come bestie. Ma il commissario: il sistema tiene
Operatrice della Croce rossa Italiana accoglie un piccolo profugo proveniente dall'Afghanistaninsieme alla sua famiglia

Operatrice della Croce rossa Italiana accoglie un piccolo profugo proveniente dall'Afghanistaninsieme alla sua famiglia - Siciliani

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L’accoglienza a rischio per i migranti è ormai un dato di fatto. Non solo in città e nelle grandi periferie delle aree metropolitane. Anche nei centri minori. La denuncia arriva dalla Rete dei piccoli Comuni del Welcome, che rappresenta 29 paesi soprattutto del Centro-Sud, dalla Puglia alla Basilicata, fino alla Campania. Centri come Pietrelcina e Sassinoro, Mirto e Baselice dove sono attivi altrettanti progetti del sistema Sai, il Sistema di accoglienza e integrazione, che funzionano.

«In questi anni siamo riusciti ad inserire piccoli gruppi di 20-30 stranieri per volta in municipi che hanno meno di 5mila abitanti - racconta il referente del progetto, Angelo Moretti -. Le piazze di tanti paesi dimenticati così rivivono, perché si incontrano bimbi siriani e afghani con anziani italiani rimasti soli. Borghi spopolati si sono rianimati in questi anni, è iniziata quella che noi chiamiamo una rigenerazione sociale e culturale. Eppure adesso tutto è fermo».

L’ospitalità diffusa ha consentito di ricreare, grazie al coinvolgimento del Terzo settore, legami di socialità nuovi «ma da quando c’è il decreto Cutro siamo in forte difficoltà – osserva Moretti -. Progetti come questi andrebbero incentivati, invece anche solo rendicontare le spese è diventato un problema».

È la stessa denuncia lanciata nelle scorse settimane da Caritas e Tavolo Asilo, preoccupate dalle condizioni insostenibili offerte nei bandi pubblici per l’accoglienza, che infatti vanno deserti. Risultato: zero posti letto disponibili nel territorio e strategia che vira sul recupero di strutture, da ex caserme ad alberghi (cosa peraltro difficile vista la stagione estiva in corso) da inserire nel sistema dei Cas, i Centri per l’accoglienza straordinaria, di gestione prefettizia.

L’obiettivo, ha spiegato questa settimana a Novara il sottosegretario agli Interni, Nicola Molteni, è «contenere il più possibile l’impatto migratorio sul territorio» mentre il commissario all’emergenza migranti, Valerio Valenti, ha precisato che «il sistema tiene, questi problemi ci sono sempre stati. Ci sono state ricadute più forti su qualche territorio, ma sono criticità che nascono da situazioni specifiche».

Sicilia e Calabria scontano il peso dei massicci arrivi, in attesa di capire dove verranno localizzarti i nuovi hotspot, centri di primissima accoglienza per chi è appena sbarcato. In Veneto e Friuli-Venezia Giulia, invece, si sono registrate reazioni contrastanti all’invito fatto da governatori come Luca Zaia a farsi carico in modo diffuso dei profughi giunti in regione, con primi cittadini che hanno addirittura riportato indietro i minori loro assegnati.

Negli ultimi giorni, il fronte dei sindaci si è animato in particolare in Toscana, dove a farsi sentire sono stati i rappresentanti dell’Unione dei Comuni empolesi Valdelsa. «Non ci siamo mai tirati indietro - hanno spiegato in una nota - e anzi abbiamo costruito con i soggetti del Terzo settore un sistema di accoglienza non emergenziale, ma che consente davvero l’inserimento di nuovi cittadini». Ma «se il governo vuole che il nostro territorio accolga altre persone, deve stanziare le risorse necessarie per farlo in modo dignitoso. Altrimenti ci ritroveremo ad avere centri sovraffollati e a stipare le persone come bestie, con il risultato di creare contesti ad alto rischio per chi li vive» e alimentare «il rifiuto delle nostre comunità ad accogliere».




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