mercoledì 7 dicembre 2016
Tra un mese e mezzo la Corte Costituzionale si pronuncerà sull'Italicum. Ma è già iniziata la partita politica. Tutta le possibilità in campo (e c'è pure il Mattarellum 2.0)...
Il Palazzo della Consulta (Fotogramma)

Il Palazzo della Consulta (Fotogramma)

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La data dell’udienza pubblica c’è, quella della camera di Consiglio in cui i giudici assumeranno una decisione, non ancora. La Corte Costituzionale, presieduta da Paolo Grossi, ha annunciato ieri, con una nota, di aver fissato per il 24 gennaio l’udienza in cui discutere delle eccezioni di costituzionalità avanzate nei mesi scorsi sul cosiddetto Italicum, la legge elettorale per la Camera in vigore dal 1° luglio ma ormai orfana della riforma costituzionale, bocciata domenica scorsa dagli italiani. Inizialmente, l’udienza era stata fissata per il 4 ottobre, nell’ipotesi che il referendum si svolgesse prima. Poi la data del voto era slittata a dicembre e ciò aveva indotto il presidente Grossi a disporre un rinvio, per attendere l’esito della consultazione popolare sulle riforme, sia per evitare 'interferenze', sia per il fatto che, se avesse vinto il Sì, la riforma avrebbe modificato radicalmente il metodo di composizione del nuovo Senato.

Italicum: su cosa si pronuncia la Corte Costituzionale?

La Consulta è chiamata a pronunciarsi sulle eccezioni di costituzionalità sollevate da quattro tribunali (Messina, Torino, Perugia e Genova) su alcuni nodi cruciali dell’Italicum: dal premio di maggioranza allo sbarramento al 3%; fino alle modalità d’attribuzione dei seggi su base nazionale e all’ipotesi di ballottaggio. Inoltre, la Corte dovrà valutare se vi sia una violazione dei principi costituzionali nella previsione del blocco misto di liste e candidature.

I «ricorsi» di 4 tribunali: Genova, Messina, Torino e Perugia

L’ordinanza del tribunale di Genova avanza dubbi sul premio di maggioranza al ballottaggio, in quanto slegato da un quorum e suscettibile di essere assegnato anche a una lista che al primo turno abbia ottenuto un numero non rappresentativo di consensi. Sotto la lente della Consulta finirà pure la previsione che attribuisce al capolista eletto in più collegi la facoltà di compiere la scelta (entro 8 giorni, pena sorteggio). Mentre l’ordinanza del tribunale di Messina si sofferma su un passaggio di ciò che resta del Porcellum (ridimensionato dalla stessa Corte nel 2013) sulla soglia di sbarramento per il Senato, più elevata di quella della Camera.

Il giudice relatore eletto da Napolitano

Il fascicolo sull’Italicum è stato affidato dal presidente Grossi al giudice relatore Nicolò Zanon, già assistente di Valerio Onida ed ex laico di centrodestra al Csm, docente di diritto costituzionale alla Statale di Milano. A nominare Zanon alla Consulta era stato, nel 2014, l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano. Presumibilmente, il vaglio avverrà a plenum incompleto: un mese fa di è dimesso Giuseppe Frigo (eletto nel 2008 dalle Camere su indicazione del centrodestra) ed è poco probabile che il Parlamento, in così poco tempo, riesca a nominare in seduta comune il suo sostituto.

Le idee per il post-Italicum: come si potrebbe votare. E c'è anche un Mattarellum 2.0

Preso atto della necessità di superare l’Italicum e in attesa di conoscere le decisioni della Consulta, le forze politiche ragionano su modelli contrapposti di legge elettorale. Uno (sulle mosse dei ddl depositati a suo tempo dai 'giovani turchi' del Pd e da Ncd) prevede l’eliminazione del ballottaggio, in favore di un proporzionale con premio di governabilità (di 90 seggi) alla coalizione o al partito più votato. Un altro (proposto a suo tempo dai bersaniani, ora fan del proporzionale) è un Mattarellum 2.0: 475 collegi uninominali, affiancati da un premio di governabilità di 90 seggi al partito più votato, 60 al secondo e i restanti come diritto di tribuna a chi supera una soglia minima. Forza Italia gradirebbe un ritorno al proporzionale puro, per avere una via d’uscita in caso di rottura dell’alleanza con Fdi e Lega. Ma il leader del Carroccio Matteo Salvini non pare incline a trattare: il rinvio a gennaio è «una follia, prima si riuniscono meglio è, poi al voto subito, con qualsiasi legge elettorale la Consulta partorisca». Infine, c’è M5S, che dopo aver avversato l’Italicum in Parlamento ora pensa a un sistema con ballottaggio e premio alla lista. Un quadro frastagliato, dunque, anzi un rompicapo, che complica non poco la partita in Parlamento per scrivere la nuova legge elettorale.

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