giovedì 29 agosto 2013
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La strategia italiana davanti ai venti di guerra che spirano da Damasco è stata delineata nel corso di un vertice a Palazzo Chigi tra il capo del governo, Enrico Letta, il suo vice Angelino Alfano, i ministri degli Esteri Emma Bonino e della Difesa Mario Mauro e il sottosegretario con delega ai Servizi segreti Marco Minniti: «L’Italia – è un po’ la sintesi della discussione – non lesinerà i propri sforzi volti a ripristinare la pace, la stabilità e il dialogo civile e religioso in Siria e nei Paesi della regione». Deciso anche l’atteggiamento davanti all’utilizzo di armi chimiche, considerato un «atto che ripugna la coscienza del popolo italiano e che si configura come un crimine contro l’umanità. Tale palese violazione del diritto internazionale – scrive in una nota Palazzo Chigi – è inaccettabile e i responsabili dovranno essere sottoposti alla giustizia internazionale». L’Italia sosterrà l’azione degli ispettori delle Nazioni Unite incaricati delle indagini e chiede che la loro attività possa procedere con la massima libertà e celerità. Insomma, altre strade prima dell’intervento armato sono possibili. In mattinata lo aveva già sostenuto il ministro Bonino, ribadendo che anche in caso di via libera dell’Onu, la partecipazione italiana non sarebbe scontata. Bonino, che oggi vedrà all’Eliseo il presidente francese Françoise Hollande, aveva ipotizzato il deferimento di Assad o dei responsabili dell’attacco alla Corte penale internazionale oppure l’incarico alla stessa Corte di investigare su questo atroce atto.«Il conflitto in corso – aggiunge Palazzo Chigi – ha già provocato un numero drammatico di vittime civili e di profughi che vivono in condizioni insostenibili in Siria e nei Paesi vicini. Si tratta di un dramma umanitario le cui dimensioni rischiano di compromettere la stabilità della regione alla quale ci legano rapporti di antica vicinanza e nella quale siamo attivamente impegnati, a partire dalla nostra partecipazione al contingente Unifil in Libano».Letta, nella conferenza stampa che è seguita all’incontro, sottolinea queste posizioni: «L’Italia – dice – per tradizione e quadro giuridico richiede la legittimità alla presenza di atti coperti dalle Nazioni Unite, lo abbiamo ribadito agli Stati Uniti e agli alleati europei, chiedendo una forte condivisione della condanna nei confronti del regime di Assad».A possibili ripercussioni in Libano, che ospita un milione di profughi siriani, pensa anche il presidente della commissione Esteri alla Camera, Fabrizio Cicchitto (Pdl): «Bisogna garantire ai nostri militari la massima copertura – dice  – in una situazione che può peggiorare in seguito a eventuali reazioni degli Hezbollah». Cicchitto intende chiedere un confronto con il ministro della Difesa, Mauro. È la stessa preoccupazione del coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto.Insomma, starsene alla larga da iniziative bellicose, specie se non hanno un pieno avallo delle Nazioni Unite: lo afferma chiaro e tondo il presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini: «Intervenire in un conflitto aperto tra gruppi terroristici, come quelli pro e contro Assad, – scrive sul suo profilo di Facebook – è un errore grave da cui possono venire solo effetti negativi per la comunità internazionale».Il ricorso all’ombrello delle Nazione Unite è invocato anche da Anna Maria Bernini (Pdl): «È – sostiene – la condizione minima perché l’Italia possa responsabilmente partecipare a iniziative altrimenti destinate a peggiorare la crisi mediorientale. Il rischio è quello di schierarsi con le milizia contro il regime, piuttosto che in difesa della popolazione contro la violenza». Non è chiaro invece, per il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi, l’atteggiamento europeo: «Ancora una volta l’Europa – sostiene – non ha una voce univoca e si muove in ordine sparso, sulla base di interessi puramente nazionali».
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