domenica 19 settembre 2010

 

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«Vuole la verità? La Francia si è mossa perché la Ue è rimasta per troppo tempo a guardare». Franco Frattini si schiera con parole chiare. Con messaggi forti. Anche con una durezza di toni inusuale al ministro degli Esteri italiano. «Sì, sto con Sarkozy. E dico: ha ragione a lamentare la distanza europea». Dietro quelle parole c’è una riflessione profonda e, parallelamente, amara. Un invito alla Ue a non sottovalutare più il fenomeno immigrazione. A prendere sul serio l’avanzata della destra xenofoba nei Paesi di mezza Europa. «Questo è lo scenario... Almeno fino a quando le risposte di Bruxelles saranno così timide, così lontane... Così - arriverei a dire - intrise di menefreghismo... L’Europa non può dire all’Italia sono affari vostri se barconi carichi di disperazione arrivano a Lampedusa. Non può cavarsela con due parole: “Occupatevene voi”. Non può costringerci a fare quel negoziato bilaterale con la Libia che avrebbe dovuto fare la Ue molto prima di noi». È un j’accuse duro. Forse sofferto. Perché c’è un solo filo che lega i temi dell’attualità: Europa svegliati! «Svegliati e renditi conto che sarebbe assurdo spingere la Turchia verso l’Iran. Svegliati e sostieni con convinzione la battaglia solitaria del governo italiano al fianco dei troppi cristiani perseguitati nel mondo». Frattini scandisce i suoi "basta" fino a quando si ferma sull’Afghanistan. Ripete il nome e il cognome del tenente ucciso a Farah: Alessandro Romani. Poi allarga la riflessione abbassando il tono della voce. «Tanti anni per stabilizzare una Regione, per portare la democrazia... Questo è il momento di fare di più per l’Afghanistan. Non di meno. E magari di riflettere sulle parole di quei giornalisti afghani ricevuti alla Farnesina; "Rimanete ad aiutarci perché il Medioevo dei taleban è qualcosa che nessuno di noi vuole più vedere"». Ministro, la prossima settimana sarà all’Onu..Già e alla Clinton ripeterò le mie convinzioni: è il momento di fare di più, non di meno. E di guardare avanti. A ottobre vedrò a Roma il ministro degli Esteri afghano. E sempre a ottobre mi confronterò con tutti gli inviati speciali dei governi impegnati in Afghanistan con un preciso obiettivo: preparare il vertice della Nato di novembre a Lisbona quando cominceremo a individuare la road map per il trasferimento dei poteri dalle unità militari alle unità civili afghane.Torniamo all’immigrazione: l’opinione pubblica francese sembra capire la linea di Sarkozy...È così e non solo in Francia. Se un governo tace i cittadini lo invitano a svegliarsi; se fa la voce grossa dicono “bravo governo” e guai se Bruxelles prova a interferire. C’è il rischio di uno strappo che va scongiurato e l’unica risposta seria che bisogna dare è più Europa. Certo non bastano le parole ed è ridicolo che l’Unione abbia stanziato per aiutare la Libia a frenare i flussi migratori da Sud appena 50 milioni di euro. Gheddafi provoca: dice che servono 5 miliardi...Ma non servono per le sue tasche. E se noi vogliamo evitare che un’ondata di disperati si riversi sulle nostre coste forse 5 miliardi sono davvero il minimo. L’Italia l’ha capito; l’Europa deve ancora capirlo. Lo faccia in fretta, però. Perché bisogna evitare che quella gente parta. Perché è l’ora di dare risposte serie, non demagogiche, non populiste. E di ascoltare anche la nostra richiesta di solidarietà: non possiamo essere i soli gendarmi dell’intera Ue.C’è un problema immigrazione ancora da risolvere e forse un problema rom già superato...Sì, l’Italia ha trovato la soluzione: ha detto i campi illegali si chiudono e i nomadi possono restare solo se hanno un reddito. Abbiamo affrontato il problema, ma ancora una volta l’abbiamo fatto contando esclusivamente sulle nostre forze. Qualcuno ci ha aiutato? No. L’Europa è intervenuta? No. E la cosa più triste è che per mesi e mesi ci hanno accusato di violare i diritti umani senza capire che la più sconvolgente delle violazioni sarebbe stata consentire a quella povera gente di vivere in favelas alle periferie delle grandi città.Gheddafi provoca ancora: l’islam dovrà essere la religione dell’Europa. Ma esiste o no un rischio legato a imponente immigrazione musulmana?Esisterà se noi non dovessimo avere più leader musulmani moderati come Mubarak, come Gheddafi, come Ben Alì, come il re del Marocco, come Bouteflika. Questa cintura nord africana ha guide moderate che non eccitano alla crociata dell’islamizzazione, che rispettano i diritti dei cristiani. Bisogna rafforzare i legami con questi Paesi musulmani moderati; sono nostri amici, lavorano con noi nel Mediterraneo e vanno aiutati ad andare avanti. Perché il pericolo vero è un altro: se le grandi organizzazioni estremiste dovessero avere la meglio in quei Paesi africani allora davvero l’Europa dovrebbe tremare.In Turchia sembra farsi largo una tentazione: allontanarsi dalla Ue.La Turchia è a un bivio: può imboccare la strada dell’Occidente o può prendere quella destinata a trasformarla in una potenza più amica dell’Iran che dell’Europa. Quando Erdogan ha vinto la prima volta il settanta per cento dei turchi volevano l’Europa dopo pochi anni sono scesi al 50: è un trend estremamente preoccupante e ancora una volta è l’Europa ad aver sbagliato tutto.Berlusconi e Frattini però...Noi siamo i più convinti avvocati della causa europea della Turchia. Tutti ce lo riconoscono, speriamo solo che sia sufficiente.Sono giorni che si dibatte sul burqa: serve una legge come in Francia?Una legge può essere giusta, apprezzabile. Ma deve essere “figlia” di un confronto che includa anche quelle comunità musulmane che hanno più volte detto che l’uso del burqa non rappresenta un dovere verso l’islam. Potrebbero essere loro i nostri alleati. Ma vado anche oltre: sarebbe una legge più forte se fosse il risultato di un confronto aperto. Al contrario l’errore più grave sarebbe se una legge che vieta il burqa venisse letta come un attacco all’islam: accendere uno scontro tra religioni sarebbe davvero un errore imperdonabile.Insisto: burqa no o burqa sì?No perché coprirsi il volto è un rifiuto al contatto con la società in cui vive; è un messaggio di chiusura. No perché il burqa è un segno di sottomissione della donna che non posso accettare. E no perché c’è un aspetto legato alla sicurezza. Il terrorismo è un male ancora non vinto: esistono donne e uomini che non vogliono un confronto libero tra idee, religioni, culture. Vogliono la nostra morte fisica, la nostra distruzione. In molti Paesi le minoranze cristiane sono aggredite, offese, attaccate, costrette a vivere nel terrore...Ho due novità: la risoluzione che presenterò nei prossimi giorni all’apertura dell’assemblea dell’Onu avrà un un sostegno largo. Ho incontrato i 14 ministri degli Esteri della famiglia popolare e il loro appoggio è forte, convinto. Vedremo se la Ue si schiererà, per una volta compatta, al nostro fianco. Sarebbe un modo per dimostrare di aver capito che questa battaglia l’Italia non può più combatterla da sola. Ma c’è una seconda notizia. I nuovi ambasciatori dell’Unione avranno un mandato speciale a seguire a nome dell’Europa le questione legate alle minoranze religiose che dovranno essere considerate una assoluta priorità.A proposito di ambasciatori Ue. All’Italia solo Uganda e Albania e i giornali scrivono Roma penalizzata...È giusto allora spiegare con un esempio: l’Italia non si era nemmeno candidata con un proprio diplomatico per la Cina. Avevo visto i curriculum degli altri. L’ambasciatore tedesco (quello che ha vinto) era già stato ambasciatore a Pechino. Parla perfettamente il cinese. Era stato tre volte direttore generale al ministero degli Esteri in Germania. Noi non avevamo candidati in grado di spuntarla anche perché per potersi candidare c’è il limite di età a 61 anni. E noi non siamo riusciti a fare quello che hanno fatto altri Paesi: creare classi diplomatiche giovani e garantire carriere rapide. Penso a Washington, a Berlino, a Pechino, a Parigi, a Londra: lì i nostri ambasciatori hanno tutti più di 61 anni. E il ministro degli esteri non potrà cambiare le cose: per farlo ci vorranno decenni e una nuova strategia.
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