giovedì 21 dicembre 2023
Il presidente emerito della Consulta invita a non toccare la Carta costituzionale e a non svuotare nella sostanza le prerogative del capo dello Stato. E a non dimenticare il ruolo del Parlamento
Cesare Mirabelli

Cesare Mirabelli - Siciliani

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«Per legge ordinaria, o con i regolamenti parlamentari, con più celerità e persino con maggiore efficacia possono essere perseguiti gli stessi obiettivi che ci si ripropone con la riforma costituzionale». Cesare Mirabelli, all’incontro promosso alla Camera dagli ex parlamentari si era posto il quesito circa i costi/benefici che comporta la proposta del governo sul premierato, traendone una conclusione negativa alla luce dello «svuotamento sostanziale» delle prerogative del capo dello Stato, mentre non si tocca il tema cruciale della rappresentatività parlamentare. Ora, alla luce dei tempi lunghi che l’approvazione richiede (referendum confermativo incluso), la proposta del presidente emerito della Consulta è un invito a sperimentare, nel frattempo, una strada alternativa, in maniera condivisa, che non tocchi la Carta: «Basterebbero sei mesi».

La maggioranza sostiene che i poteri del capo dello Stato non siano toccati…

Non vengono toccati formalmente gli articoli che lo riguardano, ma sono svuotati sostanzialmente alcuni poteri, a partire dall’indicazione del presidente del Consiglio, che peraltro non può essere esercitato in modo arbitrario. Il suo è un ruolo di mediazione e di garanzia, alla luce dei consensi dei partiti che emergono dall’esito del voto. Poi, in caso di crisi o di difficoltà può esercitare, lo abbiamo visto, il ruolo di “motore di riserva”.

Dalle parole del presidente del Senato, Ignazio La Russa, emerge che si intende colpire proprio questa “supplenza”, eliminando l’opzione dei governi tecnici.

I governi in realtà sono sempre politici, la fiducia viene sempre dalle Camere e da una maggioranza che in esse si forma. Con l’elezione diretta, certo, c’è un rafforzamento della rappresentatività del potere esecutivo che oggettivamente indebolisce gli altri. Non tanto il capo dello Stato, direi, quanto il Parlamento. Ma intanto il tema della rappresentatività del Parlamento è del tutto trascurato.

Di fatto le maggioranze, con questa riforma, vengono tenute insieme dalla figura del premier eletto.

Ho qualche dubbio che il problema di forze politiche con programmi diversi che debbono coesistere si possa risolvere ingabbiandole. Occorre sempre un patto, un accordo, come avvenuto ad esempio in Germania fra verdi e liberali. Non credo che la strada migliore per affrontare il tema dei cosiddetti “cambi di casacca” sia la modifica della Costituzione. E neppure ci si può rifugiare nell’idea, un po’ mitica, del rispetto del programma, che è destinato comunque a cambiare in corso d’opera. Lo abbiamo visto con la pandemia e le guerre che hanno stravolto le agende.

Non è condivisibile l’obiettivo di rafforzare il potere esecutivo?

Se ben guardiamo il potere esecutivo è gia stra-forte, basti pensare al ricorso costante alla decretazione d’urgenza e a leggi fondamentali come quelle di Bilancio, in cui il Parlamento è di fatto esautorato. Se ci sono problemi di stabilità essi sono dovuti a nodi di carattere politico, non istituzionale. Il vero tema, quindi, è rafforzare la rappresentatività del Parlamento.

Può servire a combattere la progressiva disaffezione alle urne?

Ma questa non si risolve con l’elezione diretta del premier, che diventerebbe un problema, fra l’altro, se a votare fosse meno del 50% del corpo elettorale. Si risolve innanzitutto restituendo al cittadino il potere di scegliere i suoi rappresentanti, eliminando le liste bloccate, che creano nei parlamentari una dipendenza dal “capo” che li designa più che dagli elettori. Al punto che non di rado non mantengono alcun contatto con il collegio di provenienza.

Quali priorità indica, allora?

Non le indico io, sto alle esigenze istituzionali poste a motivazione del progetto di riforma. Parallelamente, mentre lo si porta avanti, credo che il problema dei cambi di casacca possa essere velocemente affrontato e risolto intervenendo sui regolamenti parlamentari. Attraverso i quali si può ottenere anche un’accelerazione dell’iter legislativo, attribuendo tempi certi nella trattazione di una proposta e alleggerendo la seconda lettura da parte della seconda Camera, con l’approdo diretto in aula senza passare per le commissioni. Tenendo conto che spesso sono gli stessi partiti, anche di maggioranza, a richiedere un approfondimento, per migliorare un testo.

Una modifica della legge elettorale e dei regolamenti, quindi, come strumento più veloce e persino più efficace?

Propongo un sano gradualismo. Anche i poteri del premier possono essere rafforzati attraverso legge ordinaria, modificando la “legge 400” del 1988 che li definisce. Si può intervenire, ad esempio, sul potere di revoca dei ministri. Anche perché c’è il rischio che con questa proposta si crei un’eterogenesi dei fini, di fatto indebolendo la figura del capo del governo, invece di rafforzarla. Dare al presidente subentrante e non a quello eletto il potere, di fatto, di sciogliere le Camere può dar luogo, nel partito che lo esprime, alla tentazione di indebolire la figura del presidente eletto.



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