mercoledì 16 giugno 2010
L'organizzazione europea: si ostacolano i giornalisti, l'Italia rinunci al ddl o lo modifichi. Il ministero degli Esteri: intervento inopportuno. Nel Popolo delle libertà intanto continua il pressing sui finiani. Franco Granata (An): se il testo non cambierà, potremmo non votarlo.
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Non c’è pace per il disegno di legge sulle intercettazioni. E se dentro la maggioranza continua il pressing contro i finiani in attesa dell’esame della Camera, si apre anche un fronte di polemica internazionale. «Sono preoccupata che il Senato abbia approvato una legge che potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo in Italia», ha detto ieri Dunja Mijatovic, responsabile dell’Osce per la libertà dei media. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, con sede a Vienna, ha chiesto all’Italia di rinunciare al giro di vite sulle intercettazioni o di modificarlo in sintonia con gli standard internazionali sulla libertà di espressione. «I giornalisti devono essere liberi di riferire su tutti i casi di pubblico interesse e devono poter scegliere come condurre una indagine responsabile», ha aggiunto Mijatovic, riferendosi implicitamente alle condanne previste per la stampa che dovesse violare i paletti posti dal governo. L’attacco dell’Osce, secondo il vicesegretario del Pd Enrico Letta, «è un’umiliazione che potevamo evitarci». Ironizza invece Maurizio Gasparri, capogruppo dei senatori Pdl: «L’Osce? Si presenti alle elezioni». Interviene anche la Farnesina, che fa notare «l’inopportunità» dell’intervento di Mijatovic, su «una misura legislativa il cui iter non è completato».In realtà, il testo approvato settimana scorsa a Palazzo Madama non ha fatto cessare le fibrillazioni dentro il Popolo della libertà (che oggi riunisce il proprio vertice) soprattutto dopo che il presidente della Camera Gianfranco Fini ha annunciato di voler evitare una corsa contro il tempo, posticipando la discussione e il voto della Camera dopo il via libera alla manovra. Un gesto che ha nuovamente riaperto lo scontro con Silvio Berlusconi, che non a caso sta mobilitando i deputati del partito anche per la prima settimana di agosto. Una lettera di «precettazione» è stata inviata dal capogruppo alla Camera del Pdl, Fabrizio Cicchitto. «Vi sottolineo l’importanza e la delicatezza dei provvedimenti all’esame della Camera da oggi alla conclusione della sessione estiva – scrive Cicchitto –. Per tale motivo è assolutamente necessario assicurare la propria presenza in Aula annullando ogni altro impegno». Poi il messaggio finale: «L’elenco degli assenti verrà pubblicato sul sito Internet del gruppo». Non ci sarà spazio dunque per giustificazioni a posteriori se il voto dovesse rivelarsi «un Vietnam», come ha vagheggiato il Pd. Di più: «Se non rispettiamo un punto saliente del programma come la legge sulle intercettazioni, facciamo prima ad andare a casa che a proseguire la legislatura» ha attaccato il ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi. Cosa accadrebbe dunque, nel caso in cui il gruppo dei finiani dovesse mettersi di traverso? «Saremmo di fronte all’atto di nascita di un partito all’interno di un altro partito, se si volesse cambiare la decisione assunta all’unanimità dall’ufficio di presidenza del Pdl» mette in guardia Gaetano Quagliariello.  «Meglio mantenere il cantiere aperto», esorta invece il finiano Carmelo Briguglio. «Ci sono delle modifiche da fare come quelle che riguardano le intercettazioni ambientali e i reati satellite» osserva un altro finiano, Fabio Granata. Che poi avverte: «Se il ddl non cambierà potremo anche votare la fiducia, ma non il provvedimento».
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