giovedì 15 settembre 2011
Nell’incontro con il presidente della Repubblica, il premier accenna ad un decreto d’urgenza ma riceve uno stop Tensione con la procura di Napoli. Ghedini: come ci comporteremo? Dipende anche da loro...
Caso Tarantini, Berlusconi a Lavitola: «Vi scagionerò tutti»
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Il premier cercherà fino all’ultimo secondo di evitare l’interrogatorio dei pm di Napoli: «Non ci vado, lo dicevo che era una trappola e ormai ne ho le prove...». E anche ieri mattina, davanti al presidente della Repubblica, avrebbe provato a sollevare l’urgenza di un decreto che blocchi subito le intercettazioni, avendo ormai la certezza che nel giro di poche ore potrebbe essere travolto dalle trascrizioni tra lui e Tarantini sulle notti di palazzo Grazioli. Ma secondo fonti di palazzo Chigi Berlusconi avrebbe ricevuto dal Colle un nuovo «no» senza appelli. Per motivi noti: il Quirinale non vede i motivi di necessità e d’urgenza ed è contrario ad agire sulla giustizia per decreto. Partita chiusa.Il fatto è che le paure del Cavaliere sono diventate certezze dopo aver visto la faccia di Ghedini, interrogato martedì dai magistrati partenopei. L’atteggiamento dei pm avrebbe «spaventato» lo storico legale del Cavaliere, e lo avrebbe convinto che, nonostante le rassicurazioni di Lepore, sia davvero alto il rischio che il premier ne esca con un’imputazione per reticenza o falsa testimonianza (a sentire alcune ricostruzioni, i magistrati avrebbero fatto intendere all’avvocato che non si sarebbe potuto avvalere del segreto professionale, con l’obbligo di rispondere alle domande che riguardavano il suo assistito). Basti pensare che sino a lunedì sera Ghedini sembrava mediare tra la procura di Napoli e palazzo Chigi, mentre ieri sera è stato decisamente duro: «L’interrogatorio? Ci sono stati contatti, ma non è stata presa alcuna decisione né da parte nostra né da parte loro...». E ai giornalisti che gli fanno presente come i pm abbiano già dato un ultimatum (Berlusconi si deve presentare tra oggi e domenica) risponde secco: «La nostra decisione è correlata ai loro comportamenti». Parole da guerra fredda.L’umore del Cavaliere, d’altra parte, è nerissimo. Lasciato il Colle va alla Camera per il voto di fiducia. Snobba i cronisti (in serata li eviterà di nuovo, limitandosi ad un invito stizzito: «Smettetela di inventare favole»), poi convoca i big della maggioranza e li scuote: «Non c’è nessuna estorsione, era un aiuto, beneficenza. Mi perseguitano, ma oggi tocca a me, domani potrebbe toccare alla sinistra...». Inutile ribadire che lui «va avanti», e chi vuole farlo fuori deve «metterci la faccia» in Aula, senza sperare in un suo passo indietro. Poi passa il pomeriggio in riunione con il Guardasigilli Nitto Palma e Ghedini. È in queste ore che nasce l’indiscrezione: «Stanno pensando ad un blitz sulle intercettazioni». Pochi minuti e arriva un segnale che sembra corroborare l’ipotesi: viene convocato un Cdm d’urgenza successivo al voto definitivo sulla manovra. Ma la notizia si sgonfia, nonostante la tentazione sia forte. Berlusconi e Gianni Letta avevano ascoltato dal vivo, poche ore prima, tutte le perplessità di Napolitano. Nitto Palma in persona smonta ogni teoria usando quasi il linguaggio quirinalizio: «Mai usato decreti per una normativa processuale». Così il Cdm serve al suo scopo originario: la proroga di Valotto come capo di Stato maggiore dell’Esercito e l’assegnazione del binario preferenziale al ddl costituzionale che dimezzerà i parlamentari. Il «blitz» resta solo un’intenzione che aumenta il livore del premier. Ma il fatto non lo mette spalle al muro. In un sussulto invita i ministri a leggere «il libro delle cose fatte», e in colloqui privati accenna a nuove poltrone di governo per i responsabili. È il segno che, qualsiasi cosa accada a Napoli, Bari e dintorni, lui non si muoverà dal suo posto.
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