mercoledì 30 giugno 2010
Il controverso disegno di legge arriverà alla Camera entro fine mese prossimo, dopo l'esame della manovra economica. Lo ha deciso stamani la conferenza dei capigruppo di Montecitorio con il parere contrario dell'opposizione.
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Il testo del ddl sulle intercettazioni telefoniche arriverà in aula alla Camera il prossimo 29 luglio, dopo l'esame della manovra economica. Lo ha deciso la conferenza dei capogruppo di Montecitorio. La decisione di calendarizzare il ddl intercettazioni alla fine di luglio è stata assunta dalla presidenza della Camera davanti alla richiesta dei gruppi di maggioranza e al no dell'opposizione. I tempi non saranno contingentati trattandosi di primo calendario. «Questo vuol dire - spiega il capogruppo del Pd Dario Franceschini - che il testo non verrà assolutamente votato a luglio, ma che sarà necessario arrivare alla prima settimana di agosto. È una cosa non logica: serve solo a comprimere l'esame della manovra per un testo che comunque sarà modificato e dovrà tornare al Senato. Insomma, è una forzatura sbagliata».E dall'Udc Michele Vietti lancia un appello al Pdl: «Fare una questione di puntiglio significa far spegnere la voglia di dialogare anche in chi quella voglia ha sempre dimostrato di averla». Ma la maggioranza respinge l'accusa al mittente. «Nessuna prova di forza ed è assolutamente improprio parlare di forzature», spiega il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto. «Quel testo - sostiene - è stato 14 mesi alla Camera, poi parecchi mesi al senato e ora torna in terza lettura e in Commissione si stanno facendo pure le audizioni. Andare a chiuderne l'esame entro la prima settimana di agosto è nell'ordine delle cose».IL PRESIDENTE FINI: IRRAGIONEVOLECalendarizzare a fine luglio di ddl sulle intercettazioni «è irragionevole», visto che il voto finale è probabile che finisca comunque a settembre, considerato che alla Camera probabilmente ci saranno modifiche. È quanto avrebbe detto dopo la riunione dei capigruppo della Camera il presidente della Camera Gianfranco Fini, ribadendo che mettere in calendario quel testo a fine luglio«è solo un puntiglio». Tuttavia, ha precisato Fini secondo quanto viene riferito da chi era presente alla conversazione, questo ragionamento politico non lo autorizzava a mettere il testo direttamente nel calendario di settembre: facendolo sarebbe, infatti, «venuto meno al proprio dovere istituzionale» visto che la maggioranza dei gruppi chiedeva l'esame del testo a luglio.
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