sabato 16 ottobre 2010
Il marito della vittima: lei ha salvato molte vite, nessuno ha saputo salvare la sua. La donna era stata picchiata dopo un diverbio per la precedenza al bar della stazione.
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È morta ieri sera intorno alle 22 Maricica Hahaianu, l’infermiera romena aggredita per un banale diverbio nella stazione Anagnina della metrò di Roma e colpita con un pugno al volto che l’ha fatta cadere a terra battendo violentemente il capo. A comunicare la notizia in serata è stato il legale della famiglia, Alessandro Di Giovanni. «È stato ufficializzato il decesso – ha detto l’avvocato – i medici hanno staccato la spina, abbiamo firmato con i parenti. Domani mattina (oggi per chi legge, ndr) conferiremo l’incarico in Procura per l’autopsia». I funerali della donna, ha aggiunto il legale, si faranno in Romania e il Comune di Roma darà il suo supporto per il trasferimento della salma.La Procura di Roma chiederà al gip l'aggravamento della misura cautelare, ossia il trasferimento in carcere, per Alessio Burtone, il ragazzo di 20 anni ora ai domiciliari per avere con un pugno provocato la morte di Maricica. «È giusto che ora quel ragazzo vada in carcere. Oggi però il nostro dolore è immenso ed è per Maricica che non c'è più». Così i familiari dell'infermiera romena, morta ieri dopo una settimana di agonia, hanno commentato la decisione della Procura di chiedere la custodia in carcere per Alessio Burtone, accusato di omicidio preterintenzionale per avere con un pugno causato il decesso della donna.  Lo riferisce il legale della famiglia della vittima, Alessandro Di Giovanni.«Sono stato sfortunato. Non credevo che colpendola avrei potuto provocarne la morte». Alessio Burtone, il giovane che ha causato la morte dell'infermiera, non si dà pace per quanto accaduto. «Sono pentito amaramente. Sono molto provato e soprattutto molto dispiaciuto», ha detto al suo avvocato Fabrizio Gallo. «Ora che i magistrati chiederanno il trasferimento in carcere del ragazzo - dice il legale di Burtone - cambia tutto. Stiamo valutando come meglio procedere per la sua difesa».Che le condizioni della donna fossero disperate era chiaro. «Assenza dell’attività elettrica cerebrale» diceva a mezzogiorno di ieri il bollettino con il quale i medici del Policlinico Casilino annunciavano di aver iniziato la procedura di accertamento della morte cerebrale della 32enne. Già dall’altra notte i sanitari parlavano di coma irreversibile. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, si era recato nel primo pomeriggio in ospedale. Che si sia trattato di un gesto di follia omicida, scaturito da un banale alterco, e non di un atto di razzismo, è un fatto acclarato. Non è neppure indice di poca sicurezza, sosteneva dal Friuli il ministro degli Interni Roberto Maroni. Anche ambasciatore e console di Bucarest sono d’accordo sulla ricostruzione dei fatti, ha detto il primo cittadino della Capitale, che li ha incontrati insieme al marito della donna, Adrian. Poi il romeno, assieme al cognato, alla nipote, e alla sorella della moglie sono andati a riposare. Mentre iniziavano le sei ore di esami registrati e ripetuti almeno tre volte da una commissione composta da un rianimatore, un medico legale e un neurologo. Con gli occhi gonfi di pianto, il marito di Maricica ha fatto un solo riferimento al lavoro di lei, infermiera, per esprimere il suo strazio: «Più volte, ritirandosi a casa dopo il lavoro, mi diceva "siamo riusciti a salvare una vita". Purtroppo stavolta nessuno è riuscito a salvare lei». E la domanda che viene sollevata da più parti è se, oltre al pugno che l’ha fatta stramazzare a terra e battere il capo, a uccidere Maricica non abbia contribuito l’indifferenza. Se i soccorsi fossero arrivati prima? Un punto di domanda grosso come un’affollata stazione del metrò, dove la gente passa di fretta, spesso con diffidenza e a volte anche paura. È ancora Alemanno a commentare: «Guardando bene il video, si tratta di due o tre persone che possono anche essere cadute in un equivoco, perché vedevano solamente una persona a terra e non avevano visto la colluttazione. Adesso spetta agli inquirenti valutare se c’è stata un’omissione di soccorso. Dopo un minuto comunque le persone si sono raccolte». E poi c’è stato l’intervento del sottufficiale di Marina. «Veramente encomiabile. Mi auguro che gli vengano dati tutti i riconoscimenti che merita», conclude il sindaco. Una posizione processuale già cambiata con l’ufficializzazione del decesso è quella di Alessio Burtone, il giovane di 20 anni autore dell’aggressione: da lesioni volontarie gravi si è già passati alla contestazione dell’omicidio preterintenzionale. In sede di convalida dell’arresto, avvenuto lo stesso venerdì, il pm si era opposto ai domiciliari. Ma il gip aveva deciso di concedere al giovane la misura più attenuata. Nel quartiere Cinecittà, dove il ragazzo abita, vicini, amici e conoscenti non si danno pace. «Alessio non è un assassino, lui e la sua famiglia sono brave persone». Qualcuno sottolinea che «non lo ha fatto apposta». È lo stesso Burtone, dopo la morte della donna colpita, a dire attraverso il suo legale: «Sono stato sfortunato, non volevo, mi sembra di vivere un film».Alemanno, da parte sua, in serata era più che amareggiato: «Purtroppo il miracolo in cui speravamo ancora oggi pomeriggio non è accaduto. Saremo vicini in ogni modo alla famiglia della vittima e con ancora più forza ribadisco che è inaccettabile che l’omicida rimanga ancora agli arresti domiciliari». Stessa posizione di Giovanni, fratello della vittima: «Vogliamo giustizia, vogliamo che l’aggressore vada in carcere».
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