sabato 11 dicembre 2010
La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulla cosiddetta "compravendita" di voti in vista della fiducia al governo del 14 dicembre. E anche il Pdl replicherà con la medesima iniziativa, perché, come spiega Angelino Alfano, "noi siamo la parte lesa".
- La rimonta del governo: ora è quasi pareggio
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Come se non bastasse la lite nel Palazzo lo scontro – sempre più sul filo – del voto di fiducia alla Camera alimenta anche l’ennesimo scontro politica-magistratura. La Procura di Roma ha deciso di aprire un’inchiesta sulla presunta compravendita dei voti di deputati in bilico, su istanza di Antonio Di Pietro, che ha registrato l’uscita di due dei suoi, Antonio Razzi e Domenico Scilipoti. I magistrati, per la verità, fanno subito notare che, «in assenza di una prova certa di avvenuta corruzione, un parlamentare non ha alcun vincolo di mandato ed è libero di cambiare casacca mille volte». E restano in attesa di «ulteriori prove» che il leader di Idv promette di fornire in tempi brevi. Più che altro, insomma, al momento, si tratta di un «atto dovuto» in presenza di una «denuncia qualificata», come nota anche un magistrato ritenuto vicino al centrodestra come Carlo Nordio.Ma in quest’atmosfera incandescente basta e avanza a scatenare un nuovo putiferio. Apre le ostilità Fabrizio Cicchitto, che parla di «grave e indebito intervento», da mettere in relazione allo «smottamento» che sarebbe in atto all’interno dei firmatari della mozione di sfiducia. Dalle opposizioni è un coro di proteste e insulti contro il capogruppo alla Camera del Pdl. Ma interviene anche l’Associazione magistrati: «Non è assolutamente un’intromissione. Ci troviamo, invece, davanti alla solita mistificazione dell’operato della magistratura, la quale svolge i compiti che la Costituzione e la legge le impongono», dice il presidente Luca Palamara.E vanno subito al contrattacco i coordinatori del Pdl Denis Verdini e Sandro Bondi, che preannunciano un’altra denuncia, «su tutti quei casi in cui sono stati altri partiti ad acquisire i nostri parlamentari». L’accusa è, naturalmente, rivolta soprattutto a Fli. «Denuncia ridicola ed irresponsabile», sbotta il finiano Nino Lo Presti, mentre Gianfranco Fini si limita a dire: «È iniziato il calciomercato», come per sdrammatizzare. Ma la polemica impazza in tutte le direzioni, anche contro Noi Sud, che per aver acquisito l’ex dipietrista Razzi diventa bersaglio di attacchi feroci da parte dell’ex pm e del deputato Francesco Barbato. «È uno scandalo che sieda in Parlamento un personaggio come Di Pietro che andrebbe denunciato per vilipendio delle istituzioni», replica con altrettanta durezza il leader Arturo Iannaccone, che invita l’ex pm a riflettere sulla decina di parlamentari, ormai, che in varie tornate hanno lasciato il gruppo di IdV.Dentro Fli, invece, è Fabio Granata a plaudire all’indagine della magistratura, mentre Pier Ferdinando Casini, per l’Udc rivendica: «Non tutti siamo in vendita. Meraviglia però la protesta del Pdl. Perché – ironizza –, si sente, chiamato in causa? E comunque, i problemi non si risolvono con il pallottoliere», conclude Casini. Non manca, però, nel Pdl chi, tenendo l’Udc fuori dalle polemiche, continua ad auspicare il coinvolgimento successivo dei centristi. Lo ipotizza Franco Frattini: «Il governo dovrà allargare la maggioranza, guardando al popolarismo europeo», propone il ministro degli Esteri. Nasce anche una nuova iniziativa ("Associazione per l’Europa"), ad opera proprio di Frattini, con il collega Angelino Alfano e il capodelegazione a Strasburgo Mauro Mauro che si muove proprio in questa direzione, in chiave europea, ma con l’occhio all’Italia. Ma i toni di Casini restano duri Era stato proprio il suo secco no a un possibile Berlusconi bis, d’altronde, una delle concause del fallimento sul nascere della trattativa che si era aperta con Fli. E ora è lo stesso Silvio Berlusconi, che si mostra sempre più fiducioso sui numeri per la fiducia, ad avvertire gli ex alleati finiani: «Se dovessero negare la fiducia al governo, martedì prossimo, si consegneranno a un limbo politico perché non potrebbero mai più rientrare nel centrodestra e nel loro futuro ci sarebbe solo la possibilità di allearsi a quella sinistra che hanno sempre sentito come opposta ai loro valori».«Sono ancora speranzoso in un ripensamento», aveva premesso il premier, intervenendo telefonicamente a una manifestazione del Pdl a Brescia, ma comunque, «avremo una buona maggioranza al Senato e una maggioranza sufficiente alla Camera», di diceva convinto E sui finiani: «Pensavano di fare la terza gamba della maggioranza guidata da Fini e invece sono guidati da Bocchino che li porta verso la sinistra», attacca il premier.E così, dopo l’incontro di martedì (prima negato poi ammesso) proprio fra Biocchino e Berlusconi e la trattativa che si era aperta con la mediazione di Gianni Letta, i toni sono sempre più duri, fra Fli e Pdl. «E chi lo decide, lui - si chiede Italo Bocchino -? E che Berlusconi ha per caso il brevetto del centrodestra?», sbotta il capogruppo alla Camera di Fli: «Il centrodestra – chiude – non è un marchio Mediaset».
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