sabato 13 marzo 2021
Nel 2020 sono nati 400mila bambini, o forse meno: un record negativo dall’Unità d’Italia. Il crollo a dicembre: -21,63%
In Italia culle ancora più vuote per il Covid. E soffre anche la Francia

Ansa

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Una città grande come Bari o Catania che scompare all’improvviso, da un anno all’altro. Oppure tre città insieme: via Ancona, Piacenza e Udine in un colpo solo. Si può rappresentare così il dato 300.000 italiani in meno come saldo naturale con cui si chiude il bilancio demografico del 2020. L’Istat fornirà cifre più accurate tra qualche giorno, ma dalle prime stime l’effetto del Covid-19, tra l’elevato numero di morti e il crollo delle nascite, avrà queste proporzioni. Un risultato negativo che, come ha spiegato il presidente dell’Istituto di statistica Gian Carlo Blangiardo, nella storia del nostro Paese si era visto solo nel 1918, quando l’epidemia dell’influenza 'spagnola' determinò circa la metà degli 1,3 milioni di decessi di quell’anno «catastrofico».

Ai 300.000 in meno si arriva da due dati altrettanto eccezionali: gli oltre 700.000 morti attesi (la stima al momento è di 726.000 decessi), che per quanto sia un dato elevato e sconvolgente non è tecnicamente un primato negli ultimi cent’anni, se si guarda al 1920 e soprattutto al periodo della Seconda Guerra mondiale; e i circa 400.000 bambini nati, livello che potrebbe essere persino corretto al ribasso con i dati definitivi, e che rappresenta, questo sì, un record negativo dall’Unità d’Italia.

La crisi demografica, e soprattutto il crollo delle nascite che interessa da tempo in nostro Paese, insomma, con la pandemia di Covid-19 ha conosciuto un’accelerazione impressionante. Un fenomeno che può rappresentare un unicum in Europa: un caso di studio di come, in una nazione in cui diventare genitori assume le caratteristiche di un atto eroico alla luce della carenza strutturale di sostegni, l’aumento dell’incertezza e della paura legate alla crisi sanitaria abbia assestato un colpo dal quale sarà difficile riprendersi.

Il Resoconto provvisorio dei dati anagrafici di quindici grandi città italiane, fornito dall’Istat, mostra che l’effetto della pandemia sulle culle si vede nettamente a fine 2020. Nei primi dieci mesi il calo medio delle nascite è risultato intorno al 3,25%, a novembre la diminuzione è passata all’8,2% e a dicembre, cioè nel nono mese dal primo lockdown, ecco il crollo: -21,63%. Queste cifre dicono che le nascite totali 2020 dovrebbero calare del 5,2% rispetto al 2019. La tendenza, e questo non è difficile da intuire anche considerando la flessione dei matrimoni (- 50% in media, -70% solo quelli religiosi) dovrebbe essere ancora più drammatica guardando al 2021.

La pandemia è un fenomeno globale, e molti altri Paesi stanno conoscendo cali importanti nelle nascite. Ma è interessante guardare in Francia, dove è scattato l’allarme nazionale per una diminuzione del 7% dei bimbi nati a dicembre e del 13% a gennaio. Oltralpe i sostegni alle famiglie sono da sempre molto più generosi che in Italia. Tuttavia, come ha rilevato il demografo Gérard-François Dumont, durante il quinquennio della presidenza Hollande (2012-2017) il sistema di welfare familiare è stato sistematicamente smantellato, togliendo l’universalità degli assegni, riducendo i benefici fiscali, rendendo meno vantaggiosi i congedi parentali. Una corsa al ribasso verso il "modello italiano" (o a quello che è stato finora), che è risultata fatale.

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