martedì 5 gennaio 2021
Il presidente della Società italiana di pediatria e direttore di Pediatria al Bambino Gesù smentisce (dati alla mano) tutti i luoghi comuni e i dubbi sul fatto che le aule siano la fonte dei contagi
Il pediatra Alberto Villani: le lezioni possono (e devono) riprendere in presenza

Il pediatra Alberto Villani: le lezioni possono (e devono) riprendere in presenza - .

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Vaccinato contro il Covid il 28 dicembre, diviso ormai da mesi tra le corsie della “sua” pediatria al Bambino Gesù (che dirige da anni) e le riunioni del Cts, Alberto Villani è uno di quelli che non vuol sentir parlare di “rischio contagio” a scuola.

Professore, eppure alcune Regioni stanno già correndo ai ripari. E anche i presidi, i sindacati, tutti sono perplessi.
La scuola è un luogo sicuro, lo sostengo da sempre. Di più, è un luogo protetto: non solo non ci si contagia, ma standoci il maggior tempo possibile ci si espone meno al contagio, fuori. La scuola italiana, in particolare, è un unicuma livello mondiale per come sono state studiate, impostate e garantite le misure anticontagio: il distanziamento tra gli studenti, le mascherine, gli ingressi e le uscite. Rispettate queste regole, nelle aule il rischio contagio è pari a zero: e non è una mia opinione, come Bambino Gesù l’abbiamo dimostrato attraverso uno studio (anche questo unico al mondo) condotto su due plessi scolastici romani che vanno dalla scuola dell’infanzia fino alle superiori, un campione di oltre mille studenti.

Come si è svolto?
Abbiamo monitorato ciclicamente la situazione dei contagi da settembre fino a fine novembre, con tamponi e controlli a tappeto. Risultato: zero focolai, pochi casi (su 3.431 tamponi effettuati ne sono risultati 11 positivi, ndr), la quasi totalità legati al contesto domestico e non scolastico.

A proposito di controlli a tappeto, perché ancora non decollano nelle scuole? Questo non sarebbe un modo di garantire il ritorno alle lezioni in presenza e insieme la sicurezza?
La verità è che per le stesse ragioni che ho appena spiegato, non ce n’è bisogno. Se ho a scuola ragazzi senza sintomi, con la mascherina, ben distanziati, non c’è alcun motivo per cui debba screenarli a tappeto: non ci saranno contagi. Il tampone sarà invece utile se ci sono contagi in famiglia, se sono stati a contatto con un positivo fuori dalla scuola o se presentano sintomi: quando cioè se ne presenti la necessità.

È ciò che si muove appena fuori dalla scuola, allora, che andrebbe monitorato meglio?
Non è questione di monitoraggi, ma di comportamenti. Quello che mi preoccupa maggiormente è la variante umana di questo coronavirus, non quella inglese: ci sono ancora troppe persone di ogni età, e purtroppo tra queste ci sono anche i ragazzi, che non rispettano le regole comportamentali e sociali necessarie a impedire la trasmissione del virus.

A proposito di “variante inglese”, è vero che colpisce di più i minori? I timori legati alla riapertura delle scuole secondo lei dipendono da questo?
Le prime evidenze scientifiche ci dicono che è più contagiosa: non più mortale, non più sintomatica, semplicemente più capace di diffondersi. Non mi stupisce, d’altronde: questo è il lavoro che fa ogni virus, cerca di sopravvivere il più possibile. Se si rispettano le regole di cui dicevamo poco fa, un virus più contagioso è uguale a uno meno contagioso: non si trasmette, punto. A scuola, dove si rispettano le regole, non si corrono rischi maggiori.

Professore, qualcuno obietta che si stia commettendo un errore nel vaccinare prima gli anziani che bambini e ragazzi, visto che questi ultimi sono più responsabili della circolazione del virus...
Le gerarchie delle priorità, quando si parla di vaccini, vengono stabilite in base al rischio: chi rischia di più viene vaccinato prima. Gli anziani e i malati rischiano di morire: ecco perché si parte da loro. Quanto al fatto che i ragazzi siano più responsabili della circolazione del virus, non è così: chi non rispetta le regole, a ogni età, ne è responsabile.

La scuola quando tornerà alla normalità?
Se per normalità si intende una scuola con classi pollaio, plessi fatiscenti, nessuna attività all’aperto, nessun rapporto con il territorio che la circonda, poche attività sportive, io spero che non ci si torni mai più. Il Covid ci ha messo davanti agli occhi una scuola dimenticata, trascurata e fonte di diseguaglianze. Se i nostri ragazzi torneranno in aula senza le mascherine? Ci arriveremo, certo, quasi certamente da settembre. Ma le priorità del Paese sulla scuola dovrebbero essere altre.

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