venerdì 6 febbraio 2009
Studi pubblicati di recente e l’esperienza di molti medici documentano che le richieste di morire sono molto rare e spesso motivate da stati depressivi.
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Studi scientifici ed esperienza dei medici concordano nel valutare come estremamente rare e spesso motivate da stati depressivi le richieste di farla finita da parte dei malati. E i dati vanno interpretati correttamente, spiegano gli esperti. Un articolo del 2003 pubblicato da «Lancet» sulle cause di morte in Olanda indicava un 2,6% di eutanasia (là è permessa dalla legge), uno 0,2% di suicidi assistiti e uno 0,7% di uccisioni da parte dei medici senza richiesta del paziente. Ma vengono citati anche il 20,1% di morti legate alle terapie di sedazione e il 20,2% di morti legate alla decisione di non trattare il paziente. Non si può tuttavia concludere che oltre il 40% dei decessi sia legato a pratiche eutanasiche, come spiegava Marco Maltoni, responsabile della cure palliative alla Asl di Forlì, perché il non trattare il paziente per evitare accanimento terapeutico non ha nulla a che fare con un intervento eutanasico; così come la sedazione profonda è stata riconosciuta non incidere negativamente sulla sopravvivenza dei pazienti. In più uno studio olandese del 2005 indicava che chiedevano l’eutanasia il 22% dei malati di tumore, ma con una netta differenza: il 44% dei depressi e il 15% dei non depressi. Ecco allora che favorire percorsi eutanasici può diventare un vero e proprio invito a orientare una mentalità. Anche in Italia l’esperienza sul campo, come è stata riferita dall’oncologa Carla Ripamonti dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano è analoga: «In 25 anni di lavoro su 40mila pazienti seguiti nel nostro ospedale solo quattro persone hanno chiesto l’eutanasia». E in tre hanno cambiato idea dopo che sono stati assistiti in modo tale da togliere loro il dolore. Senza trascurare il fatto, puntualizzava la dottoressa Ripamonti, che mentre i sani hanno paura per lo più del dolore fisico, i malati hanno problemi psicologici, depressione e temono di essere di peso. Conferme in tal senso sono venute da studi dello psichiatra statunitense Harvey Chochinov, che documentò come la volontà fosse spesso variabile e influenzata da fattori contingenti come la depressione. La prima pagina di Avvenire del 22 gennaio 2006 A sinistra, l’Istituto dei tumori di Milano
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