mercoledì 28 novembre 2012
​Anche il maltempo si accanisce sullo stabilimento. Si cerca un operaio finito in acqua, venti feriti in infermeria. Un fulmine colpisce una ciminiera: "Gravi danni strutturali". Intanto il governo prepara un decreto per consentire all'azienda di riprendere l'attività.
REPORTAGE Gli operai tra rabbia e speranza di Paolo Viana
SECONDO NOI Fiat iustitia e pereat mundus
IL VIDEO/ 1 L'appello del vescovo Santoro
​​​​​​IL VIDEO/ 2 "Tre minuti che non finivano mai": un operaio "racconta" la tromba d'aria (a cura di Paolo Viana)
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Non c'è pace per l'Ilva, investita stamane da una tromba d'aria proveniente dal mare, che ha causato il crollo di un capannone all'imbarco prodotti e della torre faro. Crollato anche il camino delle batterie uno e tre. A causa del forte vento, nell'area portuale adibita al carico e scarico del materiale del siderurgico, sono crollati anche alcuni caricatori. Un fulmine ha colpito una ciminiera, i cui frammenti sono caduti su un traliccio dell'alta tensione. La furia del vento ha fatto precipitare in mare una gru su cui stava lavorando un operaio, che risulta disperso. Mezzi di soccorso sul posto: venti feriti sono stati portati in infermeria. L'azienda - riferisce l'Ilva -"ha subito gravi danni strutturali ancora da quantificare". "Il siderurgico - prosegue la nota - ha messo in atto tutte le procedure di emergenza generale, gli impianti sono presidiati, in azienda sono presenti i comandanti dei Vigili del Fuoco provinciale e regionale. Tutta l'area ghisa è sotto controllo. Non c'è stata evacuazione, sono stati messi in circolo tutti i bus aziendali per raccogliere il personale non addetto alla gestione dell'emergenza generale e accompagnarlo alle portinerie e ai punti di incontro dell'azienda".In tutto, la tromba d'aria che si è abbattuta sul tarantino ha provocato 38 feriti: 9 sono bambini di una scuola di Statte, vicino all'Ilva.

VERSO IL DECRETO

La sorte dell'Ilva e di migliaia di lavoratori, dopo l'ulteriore sequestro disposto dalla procura e la decisione dell'azienda di sospendere l'attività, è ormai appeso all'unica soluzione che appare possibile, il decreto legge che il governo sta predisponendo e che dovrebbe approvare entro fine settimana.Che si sia davvero arrivati all'ultima spiaggia, oltre la quale c'è soltanto un disastro economico di enormi proporzioni e, soprattutto, il rischio di una rivolta sociale senza precedenti, lo dimostra l'incontro al Quirinale tra Monti e Napolitano nel quale il premier ha illustrato al presidente della Repubblica le linee generali del decreto governativo. "Bisogna evitare effetti irreversibili" ha rimarcato Napolitano. Un provvedimento che dovrebbe recepire per intero la nuova Autorizzazione integrata ambientale e innalzare i livelli delle emissioni inquinanti, consentendo all'Ilva di continuare a produrre e al governo di venire a capo di una situazione che rischia di sfuggire di mano e di cui si registrano già i primi segnali: l'occupazione della direzione aziendale da parte degli operai, la contestazione pesante ai sindacati confederali, bollati come "venduti", il blocco dell'autostrada a Genova attuato dai lavoratori degli stabilimenti liguri, le parole con cui il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante ha ribadito che l'azienda resterà chiusa fino al pronunciamento del tribunale del Riesame."C'è un clima molto delicato e abbiamo motivo di ampia preoccupazione - ammette il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri - c'è un rischio notevole di problemi per l'ordine pubblico, perchè i posti di lavoro messi in discussione sono tantissimi, non sono solo quelli di Taranto".

A quantificare le dimensioni del disastro in cui rischia di ritrovarsi l'Italia è Confindustria. "Sulla base di ciò che succederà all'Ilva - dice il presidente degli industriali Giorgio Squinzi - si giocherà il futuro dell'industria pesante in Italia. Il nostro paese rischia di uscire dal novero dei paesi industriali avanzati". Le cifre le fa invece il numero uno di Federacciai, Antonio Gozzi: ci sono più di 50mila lavoratori coinvolti. Abbiamo calcolato un rincaro dai 50 ai 100 euro la tonnellata e una fattura tra i 2,5 e i 5 miliardi per l'importazione di prodotti sostitutivi".Nel frattempo la procura ha iscritto altre cinque persone nel registro degli indagati - tra cui il sindaco di Taranto Ippazio Stefano per omissione in atti d'ufficio e il sacerdote don Marco Gerardo *** per false dichiarazioni ai pm - e ha inviato gli uomini della Gdf a Roma e Bari per ulteriori accertamenti sulla vecchia Aia, quella firmata dall'ex ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo. La curia di Taranto si dice però "stupita" perché "non è giunta alcuna notifica o avviso di garanzia da parte della procura nei confronti del sacerdote".Quanto alla riunione di giovedì a palazzo Chigi, in occasione della quale gli operai dell'Ilva hanno annunciato il loro arrivo in massa a Roma, Clini ribadisce che "non sarà un incontro interlocutorio". "Lavoriamo - spiega - ad un decreto per l'applicazione dell'Aia, unica strada per il risanamento. Il problema, oggi, è creare le condizioni di agibilità per cui l'azienda possa rispettarla rigorosamente. Dunque andiamo avanti per impedire che si crei una situazione per cui non si rispetti la legge e per coniugare lavoro e salute". Quel che è certo, dice ancora, è che "l'Ilva deve avviare il risanamento" e il governo "la metterà in condizione di rispettare gli investimenti per l'Aia".

*** aggiornamento del 1 dicembre 2017

Il Consiglio pastorale parrocchiale del Carmine di Taranto comunica che monsignor Marco Gerardo è stato assolto con formula piena nell'ambito del processo sull'Ilva di Taranto.



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