mercoledì 30 maggio 2012
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​«La situazione è disastrosa. La città di Mirandola praticamente non esiste più. Il morale della gente è preoccupante perché vive nella paura, nell’angoscia, nello spavento». La voce di monsignor Francesco Cavina è rotta dalla commozione. Ha fatto l’ingresso come nuovo vescovo di Carpi lo scorso 5 febbraio e non immaginava certo di dover affrontare un dramma del genere. Lo intervistiamo al telefonino in serata, reduce da una visita all’ospedale. Risponde dal suo alloggio di fortuna, visto che l’episcopio, come la cupola della cattedrale di Carpi, è a rischio crollo.Eccellenza, quante sono le vittime?Non si sa di preciso perché ci sono fabbriche nel mirandolese che sono crollate e stanno ancora scavando. Finora comunque si parla di quindici morti. È una terra in ginocchio dal punto di vista sia economico che della vita ecclesiale, perché non abbiamo più chiese agibili e neppure la maggioranza delle strutture parrocchiali lo sono più.È morto anche il parroco di Rovereto...Sì, don Ivan. Era andato in chiesa per salvare una statua della Madonna e un crollo lo ha colpito. Una tragedia nella tragedia.Lei è reduce dall’ospedale...È stato totalmente evacuato grazie alla straordinaria disponibilità dei medici, dei paramedici e di tutto il personale. I malati sono stati trasferiti negli ospedali della regione. E vicino alla struttura hanno messo su dei presidi con i medici presenti e disponibili ad ogni evenienza. Un gesto straordinario da parte loro.La macchina dei soccorsi sta funzionando?La protezione civile e i vigili del fuoco sono presenti e hanno operato secondo le loro possibilità e, devo dire, con uno zelo e a volte con un eroismo incredibili. Siamo in attesa di conoscere quali siano le iniziative delle autorità amministrative e statali.Quale appello lancia ai suoi fedeli?Domenica celebrando la messa sotto un tendone a Mirandola ho ricordato che questi eventi ci richiamano alla fragilità della condizione umana: la nostra vita è legata a un filo, ci crediamo onnipotenti e invece ci scopriamo miseramente caduti. Però possiamo trovare la nostra fortezza in Colui che ce la può dare, il Signore Gesù. Dobbiamo pregare affinché questo sia davvero il tempo della fortezza in cui vivere più che mai la fratellanza, il senso di appartenenza alla comunità, l’unione delle forze, l’impegno per il bene comune. Ma si è davvero forti, pronti ad affrontare anche le prove più dure, soltanto se torniamo a Dio, perché è lui la roccia su cui costruire la nostra vita e il nostro futuro.E che cosa chiede a tutti gli italiani?Un aiuto per la ricostruzione. Mi rivolgo a tutti: pubblici e privati. Soprattutto nei paesi di campagna le parrocchie sono gli unici luoghi di aggregazione e se non le ricostruiamo velocemente c’è il rischio che la coesione sociale e spirituale di queste realtà venga drammaticamente meno. Chiunque voglia può trovare nel sito della diocesi (www.carpi.chiesacattolica.it) le indicazioni su come poterci aiutare.
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