venerdì 24 gennaio 2025
David Yambio, sudanese, attivista dell’Ong Sea Watch e portavoce di Refugees in Libya racconta il ruolo del generale riportato in Libia
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«Anche io sono stato torturato dal generale Almasri. Perché lo avete fatto scappare?». David Yambio, sudanese di 27 anni, attivista dell’Ong Sea-Watch e portavoce di Refugees in Lybia, organizzazione che dà voce ai migranti vittime di abusi e violenze nel Paese del Nord Africa, non usa mezzi termini per puntare il dito contro l’Italia per come ha gestito la vicenda Almasri, il generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale, arrestato domenica a Torino e poi rilasciato e trasferito in Libia dopo poche ore.

«Salve, sono David Yambio e sono una vittima, un sopravvissuto ai crimini che Almasri ha commesso negli anni passati e che sono ancora in corso» spiega l’attivista in un video diffuso dalla Ong Sea Watch, l’organizzazione che salva i migranti in mare. Lui invece è uno di quelli che dall’altra parte del Mediterraneo dà voce, quando riesce, ai detenuti reclusi nei centri libici . Lui è la voce e gli occhi degli schiavi che sono passati da quell’inferno. «Nel novembre 2019, sono stato catturato nel Mediterraneo e riportato in Libia –racconta David – Sono stato messo in un centro di detenzione. In seguito, sono stato trasferito ad Al-jadida, dove comandava Almasri e dove mi ha torturato personalmente. Da lì sono stato portato alla base aerea di Mitiga, dove ho assistito a molte atrocità che non posso descrivere. Oggi molti di noi si pongono domande sul perché il governo italiano abbia lasciato andare un criminale ricercato dalla Corte penale internazionale. Lo ha fatto. Perché l’Italia avrebbe tradito lo Statuto di Roma?».

«Dico sempre a me stesso di non ricordarmi cosa ho visto a Mitiga, gli uomini venivano bruciati con la tortura, gli veniva fatto l’elettroshock, venivano picchiati con le armi. E poi molti erano costretti a combattere». L’attivista sudanese racconta di essere stato detenuto a Mitiga, il centro comandato dal generale liberato dall’Italia. «Almasri me lo ricordo bene, era il capo, lui stesso era un torturatore, era lui a dare gli ordini di uccidere, di sparare e di ridurre in schiavitù. Il suo ruolo evidente, era il capo a Mitiga, ma anche al lager di Jadeda e in altre strutture» racconta David.

Refugees in Libya è molto attivo sui social dove diffonde video raccappriccianti e testimonianze drammatiche su ciò che sistematicamente succede nei centri di detenzione in Libia. Sui migranti costretti a fare lavori forzati, usati come schivi e costretti a pagare un riscatto per essere liberi e tentare di attaversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Anche David lo aveva fatto. Ma poi era stato intercettato insieme ai suoi compagni di viaggio, su un barcone e riportato a terra. «È stato nostro dovere raccogliere qui in Europa tutte le prove contro un trafficante di essere umani», aggiunge Yambio, che ha denunciato alla corte penale internazionale tutte quelle atrocità e i responsabili di quell’inferno libico.

In merito alla scarcerazione di Almasri aggiunge: «Cosa devo pensare di un governo che afferma di combattere i trafficanti di esseri umani e poi stringe la mano all’architetto del traffico di esseri umani? Come si conciliano le parole della Costituzione italiana con le azioni dei suoi leader? Può davvero il governo italiano affermare di difendere la legge e l’ordine quando difende così volentieri un criminale di guerra? Non riesco ancora a definire cosa provo: è un tradimento, una mancanza di riconoscimento della sofferenza di migliaia di migranti, per le tante persone che Almasri ha ucciso con le sue mani».

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