giovedì 28 maggio 2020
Alessandro Giardini, pediatra al Great Ormond, ha rischiato di morire. Il suo sangue ha una concentrazione di proteine anticoronavirus 40 volte superiore alla media degli altri pazienti
Il dottor Alessandro Giardini

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È italiano il sangue del super donatore di anticorpi conto il Covid-19 utilizzati nel Regno Unito per curare centinaia di persone. Il livello di proteine anti-coronavirus che scorrono nelle vene di Alessandro Giardini, 46 anni, originario di Macerata, a Londra dal 2007, è quaranta volte superiore alla media di tutti i pazienti britannici che fino ad oggi hanno contratto l’infezione e sono guariti. Pediatra cardiologo all’ospedale Great Ormond Street e papà di bue bambini, Alessandro ha rischiato di morire di coronavirus. Ricoverato in emergenza al Policlinico universitario Royal Free di Hampstead, l’uomo, non affetto da alcuna patologia pregressa, ha trascorso una settimana in terapia intensiva lottando tra la vita e la morte. Superata la crisi, è stato dimesso dopo altri sette giorni di ricovero.

L’esperienza è stata di quelle che non si dimenticano. «Fa paura – spiega – non sapere quello che ne sarà di te, chiedersi se riuscirai o meno a superare la malattia. Io ero poi molto preoccupato per la mia famiglia, spaventato dall’idea che anche mia moglie e i miei due figli stessero a loro volta incubando il virus». Alessandro ce l’ha fatta. La sua personale battaglia contro il coronavirus, anzi, è diventata un caso. Poco dopo le dimissioni, è stato contattato dal Centro sangue e trapianti del sistema sanitario britannico (Nhs blood and transplant) che gli ha proposto di partecipare a un’iniziativa messa a punto per studiare il plasma dei pazienti che hanno contratto il virus ed utilizzarlo per curare altri malati. Alessandro ha accettato.

La sorpresa è arrivata di lì a qualche giorno: la concentrazione di anticorpi riscontrata nel suo plasma era quaranta volte superiore rispetto alla media. Come è possibile? «Al momento – dice – non c’è alcuna spiegazione medica certa. L’unica evidenza scientifica è che il livello di anticorpi contro il Covid è, in generale, più alto negli uomini rispetto alle donne e, soprattutto, particolarmente rilevante tra quelli che sono stati ricoverati in ospedale. C’è evidentemente un nesso tra il livello di anticorpi e il grado della malattia».

Per semplificare: più si sta male, più forte, sembra, è la risposta immunitaria. Quello di Alessandro è un caso eccezionale. «I medici – aggiunge – mi hanno chiesto di far parte di una ricerca del St. Mary’s che indaga i fattori genetici che incidono sulla reazione all’infiammazione provocata dal coronavirus. Aspetto molto interessante ma ancora tutto da sviluppare». Al di là dei dettagli tecnico-scientifici del caso, resta il fatto che il sangue di origine marchigiana è oggi il più prezioso concentrato di anticorpi conto il Covid-19 a disposizione del sistema sanitario britannico per la cura dei pazienti più gravi. «A volte penso – ammette – che il senso di tutta la mia sofferenza sia proprio questo: se sono stato così male, forse, è proprio perché con il mio plasma potessi aiutare a guarire tante altre persone».

La personale lotta del pediatra italiano contro il Covid-19 è una storia a lieto fine. Della sua difficile esperienza oggi resta non solo il generoso orgoglio di poter donare anticorpi salvavita e aiutare la ricerca sul virus. Il pensiero di Alessandro va al personale che si è preso cura di lui durante il ricovero: «Ho ricevuto un trattamento eccezionale, da tutti i punti di vista, dal cibo all’assistenza», ammette. Sullo sfondo resta infine, da medico italiano trapiantato nel Regno Unito, la percezione di una solidarietà diffusa nella comunità scientifica internazionale che talvolta latita nella politica. «I medici inglesi – sottolinea – si sono sempre confrontati con i colleghi italiani, prima e durante l’emergenza. La condivisione di informazioni ed esperienze è stata incredibile. Su questo, va detto, non ci sono barriere».

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