mercoledì 20 marzo 2013
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I numeri. «Vanno letti i numeri». È un campanello d’allarme quello che suona fuori dall’auletta dei gruppi parlamentari della Camera, dove il Pd ha appena votato a scrutinio segreto il nuovo capogruppo Roberto Speranza. Ma soprattutto è un segnale politico quello che è avvenuto dentro, dicono sfuggendo veloci ai microfoni i parlamentari pd. Un nome all’insegna della novità, una new entry, «esperto» ma giovane, come una buona parte della nuova leva democratica, sottolinea il segretario. Eppure sul bersaniano di ferro, voluto come candidato unico dal leader pd, non convergono tutti con facilità. I numeri dicono che un terzo del gruppo non ci sta: 200 consensi su 297 (53 le schede bianche, 6 le nulle e 25 voti dispersi). Un esito ben diverso da quello toccato in sorte al collega del Senato Luigi Zanda, eletto con un solo astenuto, nel giorno in cui tutti i partiti ratificano i vertici dei rispettivi gruppi nei due rami del Parlamento.«Stiamo cercando di far girare la ruota, valorizzare le esperienze e utilizzare le nuove forze. Ci stiamo attrezzando per questo cammino», dice il segretario. In tanti, però, non sono convinti. O almeno non condividono il metodo. E la sfiducia nelle mosse del leader democratico non si concentra in una delle diverse anime del partito, ma lo attraversa trasversalmente. Tanto che il voto a Speranza viene letto come il segnale per le scelte future, a partire dal Quirinale, dove l’unica certezza condivisa è, dice Zanda, che «Berlusconi è ineleggibile».Nel Pd, però, c’è l’insoddisfazione per la tenacia con cui Bersani ha tenuto il punto per ottenere l’incarico dal capo dello Stato, senza lasciare spazio ad alternative (anche all’interno del partito). Ci sono le critiche per il fatto che da giorni «Bersani è asserragliato nel suo bunker, dove possono accedere solo Errani e Migliavacca», oltre a Speranza. E c’è Renzi. Il sindaco di Firenze forte nei sondaggi come l’anti-Grillo che se ne resta nella sua città, dove – dice – parla solo «delle cose concrete», come la scuola (nel caso di ieri). Ma i suoi lavorano in Parlamento. C’è chi dice che prendano parte alle spartizioni. Si devono decidere in queste ore i vicepresidenti delle Camere. Franceschini la starebbe spuntando per Marina Sereni a Montecitorio.E proprio qui ieri si è consumato lo strappo. Che le cose non si stessero mettendo bene lo dimostra subito la richiesta di Luigi Bobba (area ex ppi) di votare a scrutinio segreto. Lo statuto lo prevede. A Palazzo Madama Zanda è già stato scelto e con voto palese. Nella ripartizione delle poltrone i moderati si sentono sotto rappresentati. Per Bobba è un modo di «dare più forza» all’incarico al nuovo capogruppo. C’è un unico nome da scegliere. L’assemblea vorrebbe un paio di alternative, anche della stessa area bersaniana, come Andrea Orlando. Ma gli ordini di scuderia sono per Speranza. «All’interno di un contesto politico che richiede grande spirito di condivisione, anche il Pd deve dare maggiore prova di apertura verso tutte le sue componenti culturali, compresa quella cattolica. Oggi dobbiamo constatare che alcuni importanti test sono già passati a vuoto», commenta Edoardo Patriarca. Per Bersani Speranza è già il nuovo. E lo stesso capogruppo, appena eletto, assicura: «Dobbiamo ridare dignità alla politica» e «lavorare pensando ai problemi del Paese».
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