mercoledì 11 maggio 2016
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Il premier prepara la campagna. Ma scoppia il caso Basilicata con la minoranza ROMA Ha vita davvero breve la moratoria chiesta da Matteo Renzi alla minoranza del suo partito, in vista di amministrative e referendum. Sono proprio le prime mosse del premier- segretario, già preso dalle ultime rifiniture dell’organizzazione per una campagna massiccia e a tappeto, a innescare nuovamente la miccia che fa esplodere la sinistra dem. Il presidente della Basilicata, il renziano Pittella, ha annunciato il 'cambio della guardia' alla presidenza del Consiglio regionale, dove Piero Lacorazza («non renziano », sottolineano nella sinistra dem), sarà sostituito da Franco Mollica dell’Udc. Una decisione che scatena le reazioni della minoranza. Il capogruppo del partito in Regione Basilicata Roberto Cifarelli restituisce il mandato. E da Roma, Roberto Speranza, prossimo sfidante alla segreteria, parte alla carica. «Apprendo con grande rammarico che il primo atto della moratoria proposta ieri da Renzi è l’epurazione del presidente del consiglio regionale in Basilicata avvenuta per mano del neo renzianissimo presidente Marcello Pittella», si sfoga l’ex capogruppo alla Camera. «Piero Lacorazza è stato tra i protagonisti della campagna referendaria sulle trivelle. Oggi con una scelta sconsiderata e priva di qualsiasi legittimazione formale si è deciso di epurarlo rompendo l’unità del Pd», accusa il parlamentare bersaniano. Durissima la replica di Ernesto Carbone, deputato e membro della segreteria Pd: «Vedo Speranza che si lancia sul congresso e poi inizia a frignare. Se non ha i numeri neanche in Basilicata, perché se la prende con Renzi?». Il premier non sembra scalfito. Anzi, chiama fuori programma il capogruppo Ettore Rosato a Palazzo Chigi, dove con il ministro Maria Elena Bo- schi e il vicesegretario Lorenzo Guerini mette a punto i dettagli per dare il via ai comitati per il sì. Il 21 partirà ufficialmente la campagna e Renzi, che sarà a Bergamo, piazza le sue pedine su tutta la cartina geografica. Ai 'banchetti' in Emilia Romagna, la regione più ostica, manda la titolare delle Riforme, Luca Lotti sarà in Sardegna e così per ogni dirigente ci sarà una città assegnata. Martedì il piano sarà reso noto anche ai gruppi parlamentari. Entro questa settimana al Pd sarà definita l’organizzazione, con un presidente dei Comitati, un sito curato da Alessio De Giorgi, che si occuperà di comunicazione digitale e new entry nello staff del presidente (già fondatore e direttore del sito Gay.it, aveva collaborato con Renzi nella campagna per le primarie del 2012 contro Pier Luigi Bersani). L’obiettivo di Palazzo Chigi è il raggiungimento di mezzo milione di firme, diecimila comitati, e l’autofinanziamento. Per Renzi è una sorta di chiamata alle armi. «Nessuno si senta escluso: abbiamo bisogno di tutti e di ciascuno. Saranno cinque mesi di dialogo intenso con i cittadini. E alla fine vedremo chi sta con il popolo e chi nuota solo nell’acquario della politica politicante, fatta di talk, tv e autoreferenzialità », scrive. Insomma, «il referendum ci dirà se la gente vuole cambiare davvero o si accontenta del solito sistema istituzionale bloccato di questi anni. Io sono in campo, ma la differenza potete farla solo voi», dice agli elettori. «Scrivetemi anche direttamente su matteo@governo.it: basta un sì, e ridurremo il numero dei politici, taglieremo i poteri delle regioni e gli stipendi dei consiglieri regionali, eviteremo il ping-pong parlamentare e la doppia fiducia di Camera e Senato». E però c’è un forte malessere a largo del Nazareno per la decisione del premier di giocarsi il tutto per tutto. «È sbagliato farne una questione di vita o di morte per il governo», commentano soprattutto i rappresentanti della minoranza. Un gioco duro, dicono, «per metterci alle strette». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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